A due mesi dall'insediamento di Donald Trump, del partito Democratico sembrano essersi perse tutte le tracce.
WASHINGTON - Come già era avvenuto durante il suo primo mandato, ma in una versione ora potenziata, Donald Trump – a differenza del suo predecessore – riesce in qualche modo a far notizia ogni giorno. Quelli di cui invece proprio non si ha notizia e che sembrano del tutto scomparsi dopo le elezioni sono i democratici. E non è un’impressione che abbiamo solo noi, che osserviamo da lontano.
Il partito Democratico si sta ancora leccando le ferite, dopo aver perso tutto, lo scorso novembre. La Casa Bianca e poi il Senato. La Camera già non la controllavano più dalle elezioni di Midterm del 2022. E nella fisiologica mancanza di leadership, tipica del sistema americano, il partito è ora chiamato a una profonda riflessione. E questo non solo per far emergere figure che possano farsi carico dell’onere, ma prima ancora per determinare quale strada i Dem vogliano percorrere.
Emblematica, in questo senso, è la vignetta pubblicata in questi giorni dal Financial Times – a corredo dell’editoriale firmato dell’analista Rana Foroohar, che non a caso titola “I Democratici devono fare una scelta” – in cui viene mostrato l’asinello a stelle e strisce, con due teste che guardano in direzioni opposte, ognuna montata da una sagoma che condivide quelle stesse indicazioni.
Cosa devono fare i democratici? Di certo, l’attendismo, se si considera che dall’altra parte c’è una forza “caotica” come Donald Trump, non pare la carta vincente. E anche tra i repubblicani c’è qualche preoccupazione in questo senso, perché le strategie – in particolare pensando all’economia – del presidente statunitense non fanno l’unanimità neanche all’ombra dell’elefantino. Ma un’opposizione alle politiche di Trump, in questo momento, non esiste. E così, invece di presentarsi come un’alternativa a Trump, sono finora riusciti solo a dimostrare perché è stato lui a vincere. E perché loro, al contrario, rischiano di non farlo per molto tempo.