Al centro della bufera c'è la questione Hong Kong, condannata con decisione dall'Ue
PECHINO - La Cina ha accusato il parlamento Ue di «grave interferenza» nelle sue vicende interne a seguito dell'approvazione della risoluzione che condanna la repressione degli attivisti per la democrazia di Hong Kong e che chiede "sanzioni mirate" contro i funzionari cinesi e di Hong Kong ritenuti responsabili dei recenti arresti di massa nel fronte dell'opposizione.
I parlamentari europei, ha affermato in conferenza stampa la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying, dovrebbero prendere atto della realtà secondo cui «Hong Kong è tornata in Cina». La risoluzione mostra che alcuni deputati hanno «confuso il bene e il male» e si sono impegnati in «una grave interferenza negli affari di Hong Kong che è della Cina», ha aggiunto Hua, osservando che Strasburgo dovrebbe «porre fine a qualsiasi forma di ingerenza».
Pechino ha imposto all'ex colonia britannica, a partire dal 30 giugno 2020, la legge sulla sicurezza nazionale in risposta alle proteste, spesso sfociate in scontri violenti, a favore delle riforme democratiche. La stretta, aumentando l'ingerenza del governo centrale, ha permesso di criminalizzare gran parte del dissenso in territori che dovrebbero godere di ampie autonomia e libertà in forza degli accordi del 1997 sulla restituzione della città dalla sovranità di Londra a quelli di Pechino. Quasi 100 persone sono state arrestate per la nuova legge, rischiando anche l'ergastolo, se condannate.
Il parlamento Ue ha anche affermato di «deplorare» la gestione dell'accordo sugli investimenti raggiunto a fine 2020 con la Cina, su cui dovrà esprimersi la ratifica, affermando che i colloqui avrebbero dovuto essere usati «come strumento di leva per preservare l'alto grado di autonomia di Hong Kong, nonché i suoi diritti e le libertà fondamentali».