Il ministro degli Esteri cinese, Mao Ning parla di protezione dati e risponde agli Usa: «Nessuna prova di minaccia alla sicurezza nazionale»
PECHINO - Si infiamma il dibattito politico, a livello globale, circa la sempre più vasta operazione occidentale di messa al bando di TikTok, in particolare attuata dalle istituzioni di Ue, Usa e Australia.
Il Ceo TikTok - Solo ieri, a questo riguardo, Shou Chew, Ceo della piattaforma online, nella sua testimonianza al Congresso americano, ha ribadito che la compagnia «raccoglie dati nella stessa misura in cui lo fanno Facebook e Twitter». Aggiungendo di essere «impegnati nella trasparenza verso i nostri utenti su quello che raccogliamo». Dichiarazione che sembra però non bastare a placare gli attacchi di repubblicani e Democratici circa la segretezza e la protezione dei dati.
Il Governo cinese - A difesa dell'integrità aziendale e della politica cinese, Pechino scende nuovamente in campo assicurando che la Cina «non ha mai chiesto e non chiederà mai» ad alcuna azienda o individuo di raccogliere dati e informazioni in altri Stati con mezzi che violano le leggi locali, aggiungendo che un eventuale divieto Usa di TikTok sarebbe «una persecuzione politica e xenofoba».
A dichiararlo il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, proprio riferendosi all'audizione dedicata alla sicurezza nazionale del Ceo di TikTok, Shou Zi Chew, al Congresso. «Finora il governo Usa non ha fornito prove per dimostrare che TikTok minacci la sicurezza nazionale, ma ha più volte presunto la colpa e soppresso senza ragione le società interessate», ha detto Mao.