La scelta del campo progressista: in caso di sfida a tre il contendente con meno chance si ritira dal ballottaggio
PARIGI - Dopo aver assimilato l'esito del primo turno delle elezioni legislative francesi, convocate dal presidente Emmanuel Macron dopo la disfatta del voto europeo, lo sguardo è già rivolto verso il secondo turno di domenica 7 luglio.
I risultati definitivi - Il ministero dell'Interno ha diffuso nel corso della giornata di lunedì i dati definitivi. I votanti sono stati complessivamente 10'625'662. Il Rassemblement National e gli alleati dell'area di estrema destra hanno ottenuto il 33,14%, con una proiezione tra 255 e 295 seggi. Il Nuovo Fronte Popolare della sinistra ha raggiunto il 27,99%, con potenziali 120-140 seggi. La maggioranza macroniana di Ensemble ha ottenuto il 20,04% (con 90-125 seggi).
Molto più staccati Les Républicains e gli altri gruppi di destra al 10,74% (35-45 seggi), i gruppi ecologisti e regionalisti al 2,0% (10-14 seggi) e altre formazioni di sinistra e dissidenti del Fronte Popolare all'1,5% (11-12 seggi). Sotto l'1,5% gli altri schieramenti, con lo 0,5% di Reconquete di Eric Zemmour.
I dati certi - La maggioranza assoluta all'Assemblea federale è di 289 deputati. Il Rassemblement National ha la certezza di 39 seggi, il Nuovo Fronte Popolare può fare fin da ora affidamento su 32, mentre i macroniani ripartiranno sicuramente da due eletti. Tutte le altre partite politiche sono aperte: sia quelle con due sfidanti in gioco che quelle, ed è la notizia più interessante di queste ore, nelle quali i contendenti sono tre.
La desistenza - La scelta, nel campo progressista, sembra essere quella di rinunciare più o meno sistematicamente alle triangolazioni, così da favorire l'esponente con le maggiori possibilità di sconfiggere gli esponenti di estrema destra. «Non un voto deve andare al Rassemblement National» ha dichiarato il primo ministro Gabriel Attal, che ha esplicitamente chiesto un passo indietro ai candidati centristi giunti in terza posizione. Jean-Luc Mélenchon, leader di punta del Nuovo Fronte Popolare, è sulle stesse posizioni: «Ritireremo la nostra candidatura» ogni volta che ci si troverà di fronte alla situazione sopra descritta. «Le nostre istruzioni sono semplici, dirette e chiare: né un voto, né un seggio in più per il Rassemblement National». Anche Raphael Glucksmann, a capo di Place Publique, ha rinnovato l'identico appello: «Ciò che facciamo, ciò che diciamo per i giorni e per le ore che vengono, determinerà il nostro posto nella storia del nostro Paese».
Nel corso della giornata di lunedì sono arrivate le rinunce di svariati candidati e l'appello a dare la propria preferenza, domenica prossima, a chi sia in grado di sconfiggere l'esponente lepenista e favorire «la scelta più idonea a tutelare i valori repubblicani ed europei», come auspicato dalla candidata di Renaissance Elisabeth Toutut-Picard nell'Alta Garonna.
Bardella vuole un confronto - Lo scenario che i progressisti vogliono evitare è quello di una maggioranza assoluta del Rassemblement National, che consenta loro di governare in autonomia o tramite accordi con deputati esterni al partito. Jordan Bardella, candidato premier del Rassemblement National, si è detto pronto a discutere con Mélenchon. «I francesi vogliono chiarezza», ha detto dopo che il primo turno ha messo tutti di fronte a un bivio: «O l'alleanza dei peggiori e l'estrema sinistra al potere o l'Unione nazionale, la Repubblica e i suoi valori». Bardella si è rivolto «a tutti gli elettori, della destra, del centro, ma anche della sinistra ragionevole». Mélenchon, per tutta risposta, ha snocciolato i nomi di chi dovrebbero essere gli interlocutori del necessario «dibattito tra i due progetti». E il suo nome non c'è.