Dalle questioni di razza al gender, fino quell'età che da punto di forza ora è divenuta un boomerang. E anche il partito alza la guardia
WASHINGTON - Lo abbiamo già scritto: in quel di Mar-a-Lago, l'entourage della campagna elettorale di Donald Trump sta facendo i compiti a gran velocità per ricalibrare una campagna elettorale che ha, in un solo colpo, perso quello che era bersaglio e tema cardine. E sulla lista delle opportunità d'attacco sono già state apposte diverse croci.
La prima, scontata, è quella dell'età. Perché Kamala Harris non è Joe Biden. Il presidente uscente va per gli 82 anni, la vicepresidente ne ha 59. E Donald Trump ne ha da poco compiuti 78. Ergo, la carta dell'anzianità - e con lei tutti gli acciacchi di complemento che Joe Biden ha mostrato - ha assunto la forma di un boomerang e ha dovuto essere riposta nel cassetto. Perché, inevitabilmente, ora "il vecchio" è Trump che dovrà mostrarsi molto più cauto nell'evitare alcuni di quei lapsus che, nei mesi scorsi, sono stati puntualmente messi in ombra da gaffe e scivoloni, ben più vistosi, del presidente; culminati nel disastroso dibattito del 27 giugno scorso.
La seconda croce - che si potrebbe definire altrettanto scontata, ma che evidentemente non lo è se ha costretto (come si legge oggi sulla stampa d'oltreoceano) i leader del Grand Old Party a diramare un "non fatelo più" all'indirizzo dei proprio deputati - è quello dell'identità della probabile destinataria della nomination democratica: nessun riferimento a questioni di razza o gender. Più che una scelta, una vera e propria reazione per tamponare alcune uscite, dall'infelice al caustico, che hanno condito le 48 ore successive all'annuncio di ritiro di Biden.
L'allerta è stata "trasmessa" durante un incontro, tenutosi ieri a porte chiuse, tra diversi leader repubblicani. Perché, in questo senso, il timore tra i ranghi dell'elefantino è che questo tipo di approccio finirebbe poi con il ritorcesi contro lo stesso partito repubblicano invece che mettere in luce i passi falsi di quello democratico. «Non deve essere una questione di personaggi. Deve essere politica», ha dichiarato al termine del meeting Mike Johnson, speaker della Camera, alla stampa. «Non ha nulla a che vedere con la razza. Deve riguardare le competenze della persona che corre per diventare presidente, la forza dei due candidati e le idee che hanno su come risolvere i problemi dell'America». Quindi, «niente di personale contro Kamala Harris».
Anche nell'ottica di un probabile dibattito - una volta che la nomination di Kamala Harris sarà confermata - Trump dovrà con ogni probabilità cambiare strategia per evitare di restare scottato da qualche ritorno di fiamma. «Penso che Trump non possa affrontare un dibattito contro Kamala Harris con gli stessi toni che utilizzò in quello con Hillary Clinton. Kamala Harris non ha gli svantaggi che aveva Hillary ed è un volto relativamente nuovo della politica», ha spiegato il sondaggista repubblicano Neil Newhouse all'Associated Press. Un'altra arma, quindi, su cui il tycoon non potrà fare affidamento.