La perdita è stata del 2,7%, la peggiore dall'inizio della pandemia
WASHINGTON - Il dollaro chiude un anno nero, il peggiore dal 2020. Il biglietto verde ha pagato a caro prezzo l'atteso taglio dei tassi di interesse da parte della Fed e ha perso - secondo il Bloomberg Dollar Spot Index - il 2,7%, il calo maggiore dall'inizio della pandemia.
La debolezza del dollaro potrebbe continuare anche nel 2024 con il materializzarsi dell'allentamento della politica monetaria della banca centrale americana e le elezioni per la Casa Bianca. Secondo alcune stime, il dollaro l'anno prossimo potrebbe infatti perdere terreno nei confronti di tutte le valute del G10, con la maggiore parte delle perdite nella seconda parte del 2024. Cali che, se si verificassero, non minerebbero comunque la posizione del dollaro come valuta di riferimento.
Il biglietto verde ha perso slancio soprattutto nel quarto trimestre del 2023, quando è apparso chiaro che la Fed aveva ormai finito con la sua campagna di rialzi e si apprestava a ridurre il costo del denaro. Gli analisti prevedono al prima sforbiciata già in marzo: i tagli continueranno nel corso dell'anno fino a raggiungere, secondo le stime, un totale di 100-150 punti base. A pesare sulla valuta americana è anche la prospettiva che altre banche centrali, quali la Bce, lasceranno i tassi di interessi a livelli elevati, intraprendendo la via di un allentamento della politica monetaria dopo la Fed.
Guardando al 2024, sul dollaro si faranno sentire anche le elezioni presidenziali americane. Il voto ha storicamente un impatto sul biglietto verde nei mesi che lo precedono. E quest'anno le conseguenze potrebbero essere anche maggiori alla luce della polarizzazione della politica americana e dell'incertezza che regna nella campagna elettorale, dove Donald Trump domina nonostante i 91 capi di accusa mossi nei suoi confronti.
L'ex presidente è la maggiore incognita sul voto 2024, una votazione storica sulla quale è destinata a giocare un ruolo cruciale la Corte Suprema chiamata in causa a decidere sull'immunità presidenziale dei Trump e soprattutto sulla sua eleggibilità. Sul dollaro potrebbero comunque farsi sentire anche fattori geopolitici, dalle tensioni in Medio Oriente all'evoluzione del ruolo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).
Per gli Stati Uniti un dollaro più debole potrebbe tradursi in una spinta alle esportazioni e favorire le multinazionali, rendendo meno costosa la conversione in dollari dei profitti realizzati all'estero.