Tempo di addio per una delle serie storiche della piattaforma con un finale che ci sta ma che non brilla
LUGANO - Una normalissima famiglia piccolo borghese del Sud degli States finisce per trovarsi invischiata con un cartello del narcotraffico messicano, inizialmente molto in difficoltà ci prenderà gusto e – sfruttando una serie di personaggi borderline – finirà per diventare criminale tanto quanto. Vi suona familiare?
Certo, perché è la trama tanto del leggendario “Breaking Bad” quanto di “Ozark”, storica serie Netflix che è da poco giunta a conclusione. Con la parola fine all'epopea dei Byrde si chiude anche un paragrafo importante nella storia della piattaforma di streaming, quello che la vedeva impegnata a recuperare il terreno perso nei confronti della concorrenza (la pay-tv americana, con la sua offerta un po' più “adulta”) con prodotti se non simili, almeno con lo stesso feeling. Questo prima che arrivasse il botto vero di produzioni originali americane e internazionali (tipo “La Casa di Carta” e “Dark”).
Oggi Netflix, impossibile negarlo, è una cosa molto diversa e basta guardare la top 10 dei più visti per capirlo. A tenere banco sono serie e reality che potrebbero passare nelle televisioni in chiaro. Insomma una quadratura del cerchio che l'ha portata da essere un'alternativa alla tv a una vera e propria tv alternativa.
In questo senso anche “Ozark” è cambiato con gli anni e la parabola di Marty (Jason Bateman) e Wendy (Laura Linney) ha cominciato ad acquisire un significato tutto diverso e che finisce per palesarsi nell'ultima manciata di episodi. Ovvero quello della scalata sociale della media borghesia, tanto spietata quanto in affanno, nel lato oscuro del sogno americano.
A farne le spese sono gli abitanti della regione dei laghi, che danno il nome alla serie, che hanno deciso di usare allo stesso tempo come salvagente e come trampolino di lancio. Su tutti la famiglia Langmore, inizialmente rivale e poi diventata alleata e infine vittima incarnata in maniera magistrale dalla bravissima Julia Garner (Ruth Langmore).
Una chiusa soddisfacente, quasi logica, che lascia poco di non detto (e non è sempre un bene) e nemmeno un dolceamaro languorino. Insomma, era ora. Ma va bene così.