Lo stesso giorno uscivano “Nevermind” e “BloodSugarSexMagik”. Ecco perché furono due dischi unici
LOS ANGELES - Il 24 settembre del 1991 è uno di quei giorni da convergenza astrale della storia della musica. Il motivo è uno, anzi due, due dischi di due delle band più importanti del rock degli anni '90 e che finiranno per cambiare la musica per sempre.
Uno arriva da una band di Seattle – cresciuta fra scantinati, sale da concerto gremite e sudate – che aveva già pubblicato un primo disco che era però rimasto relegato nel sottoscala della musica che conta. Il secondo doveva invece essere la consacrazione di una band di Los Angeles che era morta e rinata diverse volte e che si affidava nelle mani di un produttore-guru. Due città diverse, due facce complementari della stessa West Coast, ma un trait d'union: l'essere fondamentalmente dei reietti.
Basso, chitarra, batteria, doti tecniche non stratosferiche ma tanto da dire (e da urlare). Questo unito a un talento melodico che ha avuto pochi eguali nella storia della musica, e una sensibilità assoluta: pregio questo, ma anche spina nel fianco perenne del frontman e chitarrista Kurt Cobain. “Nevermind” davvero non ne sbaglia una, anche grazie all'approccio scheletrico del produttore Butch Vig, ed è difficile trovare canzoni “heavy” più orecchiabili di queste. E anche questa, per Cobain, sarà un po' una maledizione.
Eppure “Nevermind” dei Nirvana e “BloodSugarSexMagik” dei Red Hot Chili Peppers hanno poi fatto il botto, imperversando per le classifiche di tutto il mondo e continuando a vendere e a farsi sentire moltissimo (ancora oggi). Perché? Quando sono usciti hanno letteralmente spezzato la continuità sonora degli anni '80, sono stati davvero qualcosa di nuovo e fiammeggiante.
Gli uni con un'assolutamente innovativa “rabbia tenera” che univa vulnerabilità e furia cieca, gli altri con una notevole prodezza strumentale e una voglia di contaminare assoluta. Brani come “Smell like teen spirit” e “Give it away” (per dirne due), spazzavano letteralmente via i suoni ovattati, matematici degli anni '80. Con grinta, talento e spontaneità apriranno la strada al decennio delle sperimentazioni e delle contaminazioni per eccellenza, dal quali il rock non si riprenderà mai più.
Prodotto da Rick Rubin e registrato in clausura in una villa della vecchia Hollywood (che si diceva infestata) “BloodSugarSexmagik” è un concentrato di coerenza, sperimentazione e inventiva. È anche un disco che funziona un po' come un live e prende davvero il volo ben oltre la metà delle sue 17 tracce, dopo che sono state sparate le cartucce migliori (come “Under the Bridge”) per un finale da standing ovation. Merito del basso funambolico di Flea ma anche delle invenzioni chitarristiche di un John Frusciante che, all'epoca aveva solo 21 anni.