Il nuovo album del cantautore ticinese esce questo venerdì 26 novembre ed è una colorata esplosione pop-rock
LUGANO - Esce proprio questo 26 novembre, e dopo 3 singoli, il nuovo mini-album dell'artista ticinese Dave DeVita. Cantante, compositore e attore attivo fra Ticino e Losanna e che avrete già visto e sentito fra televisione e radio. Definisce questo “Drops of Light” - un colorato trionfo di pop-rock da stadio - un «nuovo e cruciale capitolo della sua vita». Non potevamo, quindi, che farcelo raccontare direttamente dai lui.
Sentendo l'EP il primo aggettivo che mi viene in mente è «emozionato», ci azzecco?
«Si certo. L’emozione è sempre presente e cerco di fare in modo che le cose non cambino, sia quando canto che quando scrivo. Anzi, con il passare del tempo, cerco di scavare sempre di più in profondità per tirare fuori delle emozioni nascoste, che a volte non abbiamo il coraggio di mostrare, ma che potrebbero aiutare ad avvicinarci».
Non sei l'unico cantautore che reagisce alla pandemia in un modo esplosivo, è una cosa che mi ha raccontato in intervista anche Stefanie Heinzmann. È stato così anche per te?
«Di sicuro la situazione attuale ha colpito anche la mia vita e il mio percorso musicale. Trovo che è in momenti come questi che ci si rende conto dell’importanza della vita, della famiglia e dell’amore. Ma anche della musica! Grazie a essa si può dare una voce a chi soffre dentro, e mai come in questo momento storico abbiamo bisogno di questa valvola di sfogo. Dunque si, in questo EP ho sicuramente canalizzato la mia grande voglia da una parte di portare una ventata d’aria fresca e dall’altra di reagire a questo momento storico difficile».
Dove trovi l'ispirazione per i tuoi pezzi, e poi come vengono alla luce? Puoi raccontarci un po' la tua ricetta?
«I miei brani possono nascere da una melodia, da un ritmo, da un frammento di testo, da un pensiero o da tante altre cose. Non ho una formula o una ricetta precisa, purtroppo o per fortuna! Ma quello che posso dire è che mi piace molto lavorare con le melodie, e spesso è quello che faccio sin dall’inizio del processo di scrittura. In ogni caso cerco sempre di trovare un buon mix fra i miei punti forti e la sperimentazione, in modo da non ripetermi».
Se devo scegliere una canzone delle 6 del disco, giusto perché mi ha sorpreso a partire dal titolo, è “Cannibals in Heaven”. Me la puoi raccontare?
«Per utilizzare i cannibali, ho preso ispirazione allo spettacolo teatrale “Concours Européen de la Chanson Philosophique” alla quale ho avuto la fortuna di partecipare in qualità di co-compositore e di attore-cantante e con il quale mi sono esibito in tutta Europa. Il brano lo avevo scritto proprio per questo spettacolo, utilizzando un testo in francese dell’antropologo e professore all’Università di Losanna Mondher Kilani, il quale parlava in modo metaforico proprio dei cannibali.
Ho avuto voglia di riprendere questo pezzo che avevo scritto e d'inserirlo nell’EP, quindi l’ho riarrangiato con l’aiuto di Jonas Macullo e ne ho riscritto un testo. Mi sono fatto ispirare da questa immagine del cannibale e quindi ho voluto riproporla utilizzandola sempre come metafora, ma questa volta con una mia chiave di lettura.
Il cannibale è in senso metaforico il lato oscuro che si nasconde in ognuno di noi. Il testo del brano incita a prendere coscienza di questo "altro", e ricorda che questo può nascere ed essere alimentato dalle nostre paure e incertezze. Il rendersi conto del fatto che ognuno ha dentro di se queste debolezze, e il mettersi nei panni dell’altro, può dare una svolta in quello che sono le relazioni con noi stessi e con gli altri».
Ultima, che ti aspetti dal futuro? Quanto è alta l'asticella delle tue ambizioni?
Ormai è difficile riuscire a prevedere il futuro, ma non per questo non ci penso. Quindi mi concentro sul presente e allo stesso tempo mi pongo degli obiettivi a medio/lungo termine che mi danno una “direzione”, come un arciere mira al suo bersaglio. I piedi sono ben saldi a terra, ma l’asticella è piuttosto alta. L’obiettivo generale è quello di riuscire il prima possibile a vivere della mia musica (e solo di quella) di modo da potermi concentrare al 100% sul mio progetto, creando magari anche un team con cui lavorare. Si, è fattibile ma non scontato, soprattutto di questi tempi.
Il primo passo è quindi quello fare arrivare la mia musica in tutta la Svizzera e di crearmi un nome a livello nazionale. Dopodiché la volontà è quella di conquistare tanti cuori anche al di fuori della madre patria».