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Quando il cartone animato te lo disegna l'AI: «Ma che emozioni prova una macchina?»

STREAMINGQuando il cartone animato te lo disegna l'AI: «Ma che emozioni prova una macchina?»

14.02.23 - 06:30
Il nuovo corto di Netflix “The Boy and the Dog” riapre il dibattito sulle intelligenze artificiali, nell'ottica di lavoro degli artisti
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Quando il cartone animato te lo disegna l'AI: «Ma che emozioni prova una macchina?»
Il nuovo corto di Netflix “The Boy and the Dog” riapre il dibattito sulle intelligenze artificiali, nell'ottica di lavoro degli artisti

SAVOSA - Una storia d'amicizia un po' strappalacrime fra un bambino e un cane robot, in un paesino di campagna in un mondo futuristico e fantastico.

È questo il soggetto di “The Boy and the Dog” (il bambino e il cane, ndr.) un corto - anzi cortissimo - sperimentale d'animazione pubblicato non troppo tempo fa sul web da Netflix e che sta facendo molto discutere, e non per qualità o contenuti.

Il motivi riguardano piuttosto il come questa clip è stata realizzata: ovvero utilizzando le intelligenze artificiali che hanno aiutato a tratteggiare soprattutto sfondi e ambientazioni. Che c'è di male? Che questo tipo di lavoro, solitamente, è svolto da animatori in carne e ossa.

La giustificazione di WIT, lo studio giapponese che si è occupata del progetto, le AI «permettono di colmare l'endemico problema della carenza di manodopera». Una dichiarazione che non è piaciuta a molti, anche considerando le condizioni di lavoro degli animatori "industriali", soprattutto in Giappone, con orari durissimi e paghe molto basse. 

Ma c'è davvero da preoccuparsi? Lo abbiamo chiesto all'illustratore e animatore ticinese Bruno Machado: «Io non le ho mai usate e, sinceramente, non sono molto attratto né dall'idea in sé, né dai risultati. Al momento noi animatori stiamo ancora tentando di capire cosa stia succedendo, è una novità dirompente e che si diffonde con grande velocità, ormai mi sono reso conto che se ne parla ogni giorno...»

È un problema sociale, ma non solo, ribadisce Machado: «La tecnologia ha il potenziale di sostituire professionisti umani anche nei settori creativi. Se vogliamo essere utopici, o meglio distopici, le AI potrebbero soppiantare l'uomo nell'illustrazione, nell'animazione, nella fotografia, nel design nel giornalismo, nella scrittura dei romanzi, eccetera... Dal mio punto di vista le macchine dovrebbero fare i lavori pesanti e stupidi, non quelli creativi! A preoccuparmi è pure l'uso che potrebbero decidere di farne le grandi aziende, pronte a tutto pur di risparmiare».

Le criticità, poi sconfinano nell'ambito artistico e anche nell'etica e nella filosofia: «Per me quello che producono le AI è semplicemente privo di significato, che senso ha guardare qualcosa fatto da una macchina che ha plagiato - perché è questo che fanno (vedi box, ndr.) - millenni di sforzi emotivi e creativi umani? Che emozione prova una macchina? In un futuro più o meno prossimo ci troveremo a consumare “simulazioni di emozioni“? Certo, se un robot diventasse davvero in grado di provare sentimenti e tradurre in arte in maniera spontanea le proprie esperienze, sono pronto a cambiare idea».

Una macchina fatta per plagiare

Per creare i suoi disegni, le AI solitamente prendono spunto - ma anche proprio delle “fette” - da enormi database di immagini e opere di artisti umani. Il loro modo di lavorare è stato da molti paragonato a un plagio, anzi un multi-plagio: «Lo afferma anche Noam Chomsky», spiega Machado, «questi robot sono sistemi di plagio estremamente sofisticati. Per gli artisti è forse il problema più grande, significa che le proprie opere non sono più protette dal diritto d'autore e che potrebbero entrare nel catalogo di una qualsiasi macchina, senza che loro ne sappiano nulla». 

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