Il nuovo singolo della band alternative rock ticinese apre le porte a un cambio di direzione musicale
LOCARNO - Oggi è il giorno in cui gli Houstones pubblicano "Holy", il loro nuovo singolo. Un brano che segna un momento importante per la band alternative rock, nata nel 2012 e composta da Saul Savarino (voce, chitarra), Joel Pfister (batteria), Maurizio Cuomo (basso) e Serena Maggini (tastiere e voce). Ed è proprio con lei che parliamo della canzone e di come s'inserisce nel percorso del quartetto ticinese.
"Holy" può essere considerata una piccola deviazione nel vostro percorso musicale?
«Sì, lo è. È diversa dalle precedenti soprattutto perché è stata scritta da tutta la band, insieme, in studio. È il risultato del mettere insieme quattro teste differenti, con tutte le influenze e le tendenze (sempre nell'ambito dell'alternative rock) che confluiscono in ognuno di noi. Ed è nato rapidamente, in soli 10 minuti, senza rendercene conto».
Da dove siete partiti?
«Da una linea melodica di chitarra o tastiere, dai giri ritmici di basso e batteria. La differenza più sostanziale è che il testo è stato scritto in un secondo momento, mentre di solito è il punto di partenza, soprattutto per me e Saul».
Le liriche mi appaiono come una serie d'immagini, di sensazioni.
«Non c'è un vero e proprio tema. Tendiamo a parlare sempre di relazioni umane, di sentimenti, le emozioni che proviamo. Parliamo di amori, ma anche di delusioni, di tristezza... È un testo un po' ermetico, o meglio: lasciamo l'interpretazione all'ascoltatore. È come un sogno che parte, ma poi si disperde. C'è un po' di caos».
Come vi siete trovati nel cambiare modalità creativa?
«"Holy" ci è rimasto impresso, ricordiamo ancora le prime registrazioni fatte con il microfono dello smartphone. Il risultato è stato qualcosa d'inaspettato e totalmente differente da quello che era in origine il background degli Houstones, uno stoner o desert rock ben definito».
Vi siete trovati con qualcosa di nuovo e, mi sembra di capire, abbastanza inaspettato.
«Non nascondo che queste nuove influenze ci hanno un po' sorpreso e anche interdetto (ride, ndr)».
Sarà un semplice episodio nel vostro cammino artistico o gli darete continuità?
«Ci siamo subito chiesti se questa sarebbe stata la strada da intraprendere, avendo creato qualcosa di nuovo, di fresco, d'indefinibile - più tastiere, melodie dream pop, psichedelia, la mia voce che magari è più delicata rispetto a quella di Saul, che ha un'impronta più forte...».
Non è però normale, dopo un cambio di formazione, rivedere un po' la propria sonorità?
«Abbiamo fatto una sorta di reset dopo l'ultimo album (nel 2019, ndr). Ci siamo dati carta bianca nel comporre tutto quello che ci veniva in testa, alla ricerca del nostro sound. Marco Fasolo, che ha prodotto anche questo brano, è stato proprio un valore aggiunto: ha valorizzato alcuni aspetti delle canzoni, senza snaturare o condurci in una direzione ben definita. E sarà sempre lui a riportarci nel seminato, se dovessimo perdere la rotta in futuro».
È il punto di partenza degli Houstones 2.0?
«Potrebbe davvero esserlo. Quando saremo pronti con i brani ancora da registrare pubblicheremo un album, che raccoglie anche i precedenti singoli. Ma penso proprio che il nostro futuro prevederà una dose maggiore di pop contemporaneo».
Su cosa ha voluto giocare Ambra Guidotti, che ha realizzato il videoclip del brano?
«Come sempre ci limitiamo a dare un accenno di quello che il brano significa per noi. Poi lei e le sue collaboratrici si lasciano trasportare. Fino all'ultimo non sappiamo mai cosa ci riserva: per noi è sempre un po' una sorpresa».
Sarà possibile ascoltare "Holy" in versione acustica (voce, chitarra e tastiere) il 16 marzo e con gli Houstones al gran completo il 25 marzo. In entrambi i casi presso La Straordinaria a Lugano.