"Money Shot" racconta le accuse di sfruttamento mosse al più celebre sito hard del mondo e racconta alcune cose sulla società odierna
LOS ANGELES - «Qualsiasi cosa può essere considerata porno», se si parte dall'assunto che il porno è qualcosa che si guarda allo scopo di eccitarsi sessualmente. Lo sostiene l'attrice hard Siri Dahl, una delle protagoniste di "Money Shot: la storia di Pornhub", documentario disponibile dalla scorsa settimana su Netflix e che getta uno sguardo sul sito per adulti più celebre al mondo. È il racconto di come, da semplice passatempo ideato da studenti, questo sia diventato una potenza mondiale - finendo al centro di una polemica che ha modificato come si creano (e si fruisce) dei contenuti porno.
Il lato tecnico - Partiamo dalla base, e quindi da Mindgeek. Questa è la società proprietaria di Pornhub e ha sede a Montreal, in Canada. La compagnia è paragonabile a una Tech company: in sostanza è una piattaforma tecnologica, non crea direttamente i contenuti che vengono trasmessi (al contrario di un'azienda come Brazzers, di cui tra l'altro è proprietaria). Solo un paio di giorni fa Mindgeek è stata venduta a una società di private equity, ma questa è un'altra storia.
Gli anni del successo - Tornando al nocciolo della vicenda: l'evoluzione della piattaforma tecnologica ha permesso un salto di qualità rispetto al porno "analogico", ovvero quello basato su pubblicazioni cartacee, vhs e dvd. I produttori dei contenuti in un primo momento non hanno amato PornHub. Anzi: vedere le proprie realizzazioni in streaming gratuito su di esso era considerato praticamente un furto. Ma poi, di fronte alla constatazione che il sito era diventato il principale veicolo di distribuzione del porno su Internet (ciò grazie a un'ottima indicizzazione su Google) le società produttrici hanno pensato: se non puoi batterlo, unisciti a lui. Quindi tra il 2011 è il 2012 c'è stata l'unione di intenti tra piattaforma e produttori. Sono gli anni della maggior popolarità, grazie a efficaci campagne mediatiche e il coinvolgimento di celebrità del mondo dello spettacolo mainstream.
Lo scandalo - Ma lo scandalo era dietro l'angolo. «Pornhub non è un sito porno: è una scena del crimine» è una frase che risuona con fragore in "Money Shot" e testimonia efficacemente il rovescio della medaglia del successo: la diffusione sempre più capillare dei contenuti hard sul web ha portato anche a una sorta di crociata sempre più estesa, contro PornHub la pornografia in generale. Anche se togliere il porno da Internet «sarebbe come strappargli la spina dorsale», commenta una ex sceneggiatrice della società.
Lo sfruttamento sessuale - Le criticità in Pornhub (come negli altri siti) sono molte, a cominciare dall'alto numero di utenti che hanno caricato sul sito contenuti di cui non erano proprietari. Non solo: in numerosi casi non tutti i soggetti coinvolti avevano dato il proprio consenso. L'industria del porno chiede da anni che sia verificata l'identità di tutti coloro che caricano immagini e video. Una richiesta finora disattesa. E qui si arriva al dunque: su Pornhub sono presenti contenuti frutto di traffico sessuale, se non testimonianze dirette di abusi o stupri. Una campagna denominata Traffickinghub ha raccolto milioni di firme chiedendo l'incriminazione dei dirigenti e la chiusura di Pornhub, proprio in ragione del fatto che, tramite i contributi pubblicitari, la società guadagna sulla sofferenza delle vittime.
Fondamentale, per la diffusione planetaria della campagna, è stato un articolo del giornalista del New York Times Nicholas Kristof. Il vincitore del premio ha raccontato la storia di una vittima 14enne, che ha visto pubblicati alcuni suoi video intimi sulla piattaforma. Le conseguenze non si sono fatte attendere: il 14 dicembre 2020 una gran parte del materiale caricato da utenti non verificati è stato eliminato. Una mole enorme di dati, intorno a 9-10 milioni di video. In più Pornhub ha fatto i conti con la partenza di Paypal, Visa e Mastercard.
Le pecche del sistema - Kristof spiega di non avere delle soluzioni al problema dello sfruttamento dei contenuti sessuali, ma ha avanzato tre proposte. La prima: caricamento dei contenuti solo da parte di utenti verificati; la seconda: divieto assoluto di download; la terza: incrementare la moderazione dei contenuti. Tre proposte definite da Dahl «follemente ragionevoli», ma che si scontrano (a cominciare da quest'ultima) con una difficoltà intrinseca del sistema. I moderatori - come racconta uno di essi - hanno a che fare con 700-1000 video a testa per un turno di lavoro da 8 ore e questo fa sì che vengano visionati a velocità più elevata e senza audio. È quindi più elevata la possibilità che contenuti illeciti filtrino tra le maglie del sistema.
Potere ai creatori - La campagna proibizionistica, sottolineano ancora i vari interlocutori, non ha preso in considerazione chi fa del porno la sua fonte di sussistenza: i lavoratori sessuali. Sono loro i più penalizzati dall'addio delle società di pagamento digitale e diventano i capri espiatori della sempre peggiore nomea di cui gode il porno. Loro si trovano a essere i volti (e i corpi) del settore, ma ne sono anche gli elementi più deboli. Una grande opportunità è nata invece con piattaforme come OnlyFans, la futura versione di Playboy ma anche Modelhub, che sfrutta proprio il grandissimo traffico generato dal sito "tradizionale". «Ci hanno dato potere, autonomia e qualche soldino in più» spiega l'attrice Cherie Deville. I creatori di contenti sono sempre più al centro dell'azione e hanno un ruolo sempre maggiore. Questo mostra come il mondo dell'intrattenimento per adulti stia vivendo ancora una fase di grossi cambiamenti.
Consenso e libertà - Il tema fondamentale dell'intera vicenda raccontata in "Money Shot", quello che ha comportato discussioni accese negli scorsi anni, è quello del consenso. Se c'è lavoro sessuale, senza è sfruttamento, sostengono gli intervistati. E questo porta a un altro argomento fondamentale: la libertà di espressione. «Il porno è il campanello di allarme della libertà di parola». Lo stato di salute del settore racconta molto della società contemporanea.