Tuto Rossi, granconsigliere UDC
A partire da quest’anno, la direzione del Festival del Cinema di Locarno ha deciso di sopprimere il premio alla migliore attrice e al migliore attore.
Il direttore artistico ha giustificato questa scelta, affermando che «il Locarno Film Festival trae la sua forza dalla valorizzazione delle diversità e delle voci minoritarie»; e poiché oggi «il mondo non viaggia più su un binario... binario», l’abolizione del premio per le interpretazioni femminili e maschili «garantirà a ogni interprete, indipendentemente dalla propria identità di genere, di poter concorrere ai premi». Secondo il direttore, il Festival proseguirebbe così «il suo impegno per una cultura dell’inclusione».
Nessuno dubita della buona fede del direttore del Locarno Film Festival la cui decisione è del resto copiata dal Festival di Berlino.
Il suo desiderio di contribuire in senso progressista alla lotta contro le discriminazioni basate sulla diversità di genere è sicuramente sincero.
Tuttavia, a ben guardare, non si tratta di una scelta progressista, tantomeno coraggiosa, bensì di una scelta involontariamente (sottolineiamo «involontariamente») da salotto piccolo borghese, reazionaria e codarda.
Non si favorisce «l’inclusione» praticando l’«esclusione»!
Non si favoriscono gli «altri orientamenti sessuali» eliminandone due, bensì attribuendo positivamente a ogni genere sessuale la medesima visibilità.
Ogni discriminazione basata sul sesso deve essere combattuta senza remore. Ce lo impone innanzitutto la Costituzione svizzera secondo la quale «Nessuno può essere discriminato, in particolare a causa dell’origine, della razza, del sesso, dell’età, della lingua, della posizione sociale, del modo di vita, delle convinzioni religiose, filosofiche o politiche, e di menomazioni fisiche, mentali o psichiche» (art. 8 cpv.2).
Il 9 febbraio 2020, il popolo svizzero ha inoltre inasprito la lotta contro discriminazione basata sull’orientamento sessuale approvando a larga maggioranza una norma penale specifica.
Invece, la decisione della direzione del Locarno Film Festival costituisce uno sgradevole passo indietro.
Fosse stata davvero progressista e coraggiosa, la direzione del Festival avrebbe dovuto instaurare accanto al premio per i Cisgender (cioè per l’attrice e l’attore), anche quello per gli interpreti Transgender, Querr, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Intersessuali o Asessuali.
Oppure avrebbe dovuto convenire con la comunità LGBTQ+ l’aggiunta di un premio Transgender o Genderqueer, per gli artisti che non sono Cisgender.
C’è dunque dell’involontaria ipocrisia nella cancellazione del premio al migliore attore e alla migliore attrice, poiché dietro a un velo di falso progressismo si nasconde una mancanza di quel coraggio, che fu il fiore all’occhiello dei primi decenni del Festival.
Forse sarebbe stato meglio non fare nulla.
La cancellazione dei premi ai generi femminile e maschile potrebbe essere considerata un semplice scivolone, se non finisse per sposare involontariamente quella “cancel culture” propria di certi rischiosi circoli reazionari statunitensi.
Faccio quindi appello al Consiglio di Stato affinché «tagli» simbolicamente di CHF 1000.—il sussidio al Festival, fino a quando non saranno restaurati i premi per alla migliore attrice e al migliore attore e instaurato uno o più premi per gli artisti che non si riconoscono nel genere sessuale maschile o femminile.
Questo sì che sarebbe un VERO «impegno per una cultura dell’inclusione».