Il numero 1 al mondo si è sciolto come neve al sole, smentendo sé stesso...
NEW YORK - In tanti hanno asserito che quella di domenica fosse la serata più importante della carriera di Novak Djokovic. La possibilità di centrare il Grande Slam – impresa riuscita nell'era Open soltanto a Rod Laver nel 1969 – oltre che staccare Federer e Nadal nel numero di Major vinti era lì a un passo. Bastano questi due dati per confermare che sì, quella di New York era la partita più importante della sua carriera, quella che l'avrebbe fatto diventare il più grande di tutti i tempi.
Riconosciuto (a giusta ragione) per il suo mentale granitico e difficilmente “condizionabile”, questa volta il numero 1 al mondo ha però smentito sé stesso sciogliendosi come neve al sole. Sconfitto e umiliato sul campo da un super Medvedev – che da parte sua ha vinto il suo primo Slam in carriera – Djokovic si è (ri)scoperto umano e non quell'extraterrestre che vince, vince, vince e fa incetta di titoli.
In qualsiasi stadio in cui ha giocato, Nole ha sempre dovuto fare i conti con un ambiente ostile nei suoi confronti. Spesso, anche pubblicamente, si è interrogato sul perché non riuscisse a scaldare i cuori della gente come fanno Federer e Nadal in ogni angolo del pianeta. Le cose potranno cambiare in futuro? Le lacrime versate durante l'ultimo game, il caldo abbraccio riservato all'avversario a fine gara hanno “partorito” un personaggio al quale nessuno era abituato. E il pubblico di Flushing Meadows ha apprezzato e applaudito. Forse, nella serata da incubo di New York, questa è stata la vittoria di Novak Djokovic. Una vittoria che, probabilmente, vale più del tanto desiderato e ambitissimo Grande Slam...