"Olimpiadi" non si può dire: «Adesso come adesso non ho certezze. Anzi, una sì, ce l’ho»
«Sono molto tranquilla; ho dovuto lavorare con il mio psicologo sportivo per essere più cattiva».
LOSONE - Migliaia di traguardi sono stati tagliati. Migliaia restano ancora da tagliare. A 27 anni - di una donna non si dovrebbe svelare o chiedere l’età, speriamo ci perdonerà - Ajla Del Ponte è nel pieno della maturità atletica, è al suo picco psicofisico. E pazienza se, a causa dell’infortunio estivo a un quadricipite, questo 2023 non lo ricorderà come uno dei suoi migliori anni: il futuro prossimo, “rischia” di essere per lei luminosissimo.
«Sono felice di aver ricominciato ad allenarmi - ci ha raccontato proprio Ajla, di ritorno dalle vacanze - In questi giorni ho potuto spingere normalmente e… è bello riprendere, essere lì con il gruppo».
Hai finalmente buone sensazioni?
«A dire il vero no, ma perché mi fa male tutto. Non sono però abituata a lamentarmi: testa bassa e si lavora».
Dopo una sosta forzata, immaginiamo sia però quel dolore “gratificante”.
«Sì, certo, è un dolore positivo. Un dolore che sono contenta di poter sentire».
Dolore, fatica e concentrazione: la vita dell’atleta non è solo flash, non è solo grandi palcoscenici.
«Ci prepariamo a lungo per un evento, quello principale diciamo. E abbiamo la fortuna di amare la preparazione. La strada è lunghissima e percorrerla a piccoli passi ci permette di rimanere un po’ distaccati, di non pensare troppo al traguardo».
Parigi 2024, la prossima estate…
«Tanta gente mi dice: “Guarda che è dietro l'angolo”. Io rispondo: “Sì, è vero, ma per arrivarci ho una massa enorme di lavoro da fare”».
Presentarsi puntuali ogni giorno sapendo di dover sgobbare: ci vuole una grande motivazione.
«Ma è proprio questa la parte bella. A me, per esempio, ciò che piace di più è il lavoro invernale. È chiaro che è entusiasmante prendere parte alla competizione, ma la preparazione ha tutto un altro gusto. Puoi ascoltarti, vedere i miglioramenti, inseguire piccoli obiettivi…».
Una grande motivazione serve anche perché, in uno sport “singolo” come il tuo - staffette a parte -, non puoi vivere lo spogliatoio come un qualsiasi professionista di uno sport di squadra.
«Non abbiamo lo spogliatoio, è vero, ma ci muoviamo come fossimo una squadra. Questa è la filosofia “instaurata” dal nostro allenatore. Facciamo tanti esercizi a coppie o a gruppi, delle mini-gare che non riguardano la corsa, e tutto ciò ci rende molto affiatati. Anche per questo, forse, l’allenamento mi piace tanto. Anche per questo, sicuramente, da bambina mi sono appassionata all’atletica. Andare alla pista significava stare con gli amici».
Al momento della gara, guardandoti da fuori, dai l’impressione di essere forte, potente, quasi arrogante. Devi d’altronde vincere, battere chi ti sta accanto. Sei così anche senza scarpini chiodati?
«No, anzi, tutto il contrario. Nella vita di tutti i giorni sono molto tranquilla. E questo mi ha costretto a lavorare su me stessa, con il mio psicologo sportivo, per essere più cattiva. Per farmi trovare pronta quando sono dietro ai blocchi di partenza. Prima ero molto più nel panico».
Eri fin troppo educata e rispettosa nei confronti delle avversarie?
«Esatto, e nella competizione non è il massimo. In generale è infatti tutta una questione legata alla concentrazione. Serve avere l’energia che va nella giusta direzione».
E magari qualche rito o amuleto.
«No, quello no. Mi piace avere delle calzette un po' speciali nei giorni delle gare. Ne ho avute di Star Wars, di Harry Potter, dei Pokemon, ma tutto ciò non è legato alla scaramanzia».
Sei al top di una carriera che, in quanto velocista, non sarà ancora lunghissima. Hai già pensato al dopo?
«Lo faccio già da quando avevo diciotto-diciannove anni. Ho infatti affiancato l’attività sportiva agli studi. Ora ho quasi terminato il mio master e, in più, sono convinta che questa carriera possa darmi degli sbocchi anche in ambiti inaspettati. A parte l’aspetto pratico, comunque, mi sto godendo molto il momento. So infatti di vivere una vita da privilegiata, resa possibile dalla mia famiglia e dai miei sponsor, ai quali sono grata. E so che quando avrò finito di fare sport e sarò a casa tutto l'inverno… mi mancherà fare i campi di allenamento in Sud Africa».
Il tuo presente è programmatissimo. Il tuo futuro è invece ancora tutto da scrivere. Ora che siamo a ottobre, si può pronunciare la parola Olimpiadi?
«Non ho la sfera magica e non posso dire se l'anno prossimo ci sarò. Il mio obiettivo è andarci e riuscire a essere performante. Adesso come adesso però non ho certezze. Anzi, una sì, ce l’ho: so che ce la metterò tutta, so che darò il massimo per arrivarci».