L'ex dirigente rossoblù è pessimista circa la ripresa dei campionati: «Il rischio è di non iniziare nemmeno a settembre»
«Il Chiasso? Ricordo quella partita con Livio Bordoli in panchina, in cui andammo a Vaduz con 11 giocatori contati. Una sfida che ho portato pure a Coverciano, nei vari corsi ai quali ho partecipato».
COMO - Ricominciare sì o no? È questo il nodo che (praticamente) tutte le Federazioni calcistiche devono sciogliere. Ieri, tra i top campionati europei, è arrivato ufficialmente il primo stop: la Ligue 1 ha infatti fatto calare il sipario sulla stagione 2019/20.
Come decideranno di gestire il pallone bollente gli altri paesi? Oggi di certezze ce ne sono ben poche e la ripartenza dei campionati non sembra qualcosa di fattibile, nonostante - Swiss Football League compresa - ci si stia provando tra scenari carichi di speranza ma spesso anche fantasiosi.
Ne abbiamo discusso con l'ex direttore generale del Chiasso Riccardo Bellotti, oggi responsabile della sezione giovanile del Renate (squadra italiana di Serie C). «In questo momento c'è tanta confusione. Giocare a calcio non è come andare dal parrucchiere, dove si possono adottare tutte le norme di sicurezza richieste. Nel calcio certi parametri verrebbero a mancare. E se pensiamo che in Italia parrucchieri e centri estetici non sono ancora aperti, ecco che vedo pochissime possibilità che si possa ripartire presto. Svizzera e Italia stanno viaggiando in parallelo, c'è la volontà di riprendere ma allo stesso tempo ci sono tantissimi ostacoli. Il rischio di non iniziare nemmeno a settembre è da prendere in considerazione».
In caso di ripartenza immediata il sistema sarebbe fragilissimo... «Esatto. È davvero difficile. Bisognerebbe fare il tampone a tutti i giocatori e poi inserirli in un ambiente sterilizzato, cancellando qualsiasi contatto con l'esterno. E questo andrebbe fatto persino con membri dello staff e arbitri. Pensare di blindare per due mesi i giocatori non è fattibile, chi si assumerebbe i costi? Le società che sono già sotto pressione?».
Poche via d'uscita e un futuro che pare segnato... «La sicurezza è prioritaria. Grazie al cielo a oggi non abbiamo ancora avuto un calciatore deceduto per coronavirus. Ma facciamo un'ipotesi: nel malaugurato caso una Federazione facesse ripartire il calcio e un giocatore si infettasse in ritiro per poi avere la peggio? Chi avrebbe il coraggio di assumersi un rischio così alto? In questo momento vediamo molti "scaricabarile", nessuno vuole assumersi certe responsabilità... Probabilmente, quando ripartiremo, torneremo a un calcio con allenatori e giocatori pronti ad accettare contratti contenuti, in attesa che l'economia torni a girare a pieno regime».
Riccardo Belotti, uomo di calcio che a Chiasso ha lasciato tantissimi bei ricordi: «Sì, mi capita spesso di pensare all'avventura rossoblù. È stata un'esperienza arricchente. Nonostante non avessimo un numero elevato di tifosi, quelli che ci seguivano facevano molto rumore in giro per la Svizzera. Pretendevano tanto dalla società, ma era un piacere lavorare per loro. Ricordo quella partita con Livio Bordoli in panchina, in cui andammo a Vaduz con 11 giocatori contati. Una sfida che ho portato pure a Coverciano, nei vari corsi ai quali ho partecipato».