Vittorio Bevilacqua a 360 gradi sul calcio ticinese: «Complimenti al Lugano, ma meriterebbe più pubblico».
Il momò aveva vestito la casacca rossoblù negli anni d'oro del club: «Sono anni che il Chiasso fa pessime figure e a me ribolle il sangue».
YVERDON - È un grandissimo conoscitore del calcio ticinese, nazionale e internazionale. Vittorio Bevilacqua vive di pallone e si guarda una decina di partite a weekend. «È una malattia», come la definisce lui. A 62 anni gli piacerebbe mettere al servizio di una squadra le sue enormi conoscenze e il suo grande bagaglio d'esperienza. Diretto e senza peli sulla lingua, in Ticino ha sempre trovato una sorta di barriera. Nessun club del nostro cantone gli ha mai concesso quella opportunità che sicuramente avrebbe meritato. Eppure anni fa il sogno era quello di allenare il Chiasso, squadra per la quale aveva giocato nella massima serie nel periodo d'oro della società di confine.
«Alla mia età non è facile trovare una squadra, al giorno d’oggi anche un allenatore deve avere un procuratore. Altrimenti sei “morto” - le parole dell'ex tecnico dello Stade Nyonnais - Oggi è business anche far l'allenatore, contano molto di più conoscenze rispetto a molti altri aspetti. Come del resto negli altri campi della vita».
Cosa ne pensi del calcio della Svizzera italiana?
«Seguo sempre con attenzione il calcio in generale, compreso quello ticinese. È giusto fare i complimenti al Lugano, è da anni che ottiene risultati incredibili. Mi piace tantissimo Renzetti: è l’unico che all’epoca, quando poi prese Salvioni, mi contattò per un colloquio a Villa Sassa. È molto passionale, mette tanto cuore in tutto quello che fa. Nonostante io sia momò, il club bianconero ce l'ho nel cuore. Non dimenticherò mai l’1-0 bianconero ottenuto dal Lugano di Morinini contro la "mia" Inter. L’unico punto dolente è la mancanza di pubblico, una squadra del genere meriterebbe molto di più».
Negli ultimi anni, invece, il Chiasso sembra in caduta libera...
«Quella rossoblù era la mia seconda pelle. Ora però è cinque anni che non entro nello stadio chiassese e non lo farò fin quando ci sarà questa proprietà. Eccetto Ponte e Bordoli, trovo che gli ultimi allenatori arrivati non hanno portato nulla. I vari Scienza, Ramella, Lupi, Zambrotta, Lombardo e Camolese non hanno lasciato nessuna impronta malgrado il curriculum che avevano. Questo dimostra che allenare in Challenge League non è così semplice, devi conoscere la materia prima di poterci mettere mano. Alcuni non conoscevano neppure i nomi dei giocatori avversari. Sono anni che il Chiasso fa pessime figure e a me ribolle il sangue...».
Cosa non funziona al Riva IV?
«Della Torre ha investito tanto nel Chiasso, ma ha anche la colpa di aver fatto gestire una società gloriosa a persone che l'hanno rovinata. Non ci sono nemmeno 200 spettatori a vedere le partite e questa è la sconfitta più grande. Le ultime volte in cui avevo assistito a un incontro ero io il più giovane presente. Il mio amato Chiasso non lo riconosco più… Non dobbiamo dimenticarci che nelle ultime stagioni la squadra si è sempre divisa tra l'ultimo e il penultimo posto in classifica, salvandosi con molta fatica. Se dovessero offrirmi la panchina? No, non andrei mai. Non parlerei nemmeno con la società. E pensare che alcuni anni fa era il mio sogno allenare all'ormai ex Comunale».
...e il Bellinzona?
«Hanno fatto un ottimo lavoro dopo il fallimento, tanto di cappello a ciò che sono riusciti a ricostruire. Ora in Promotion League sono in chiara difficoltà. A titolo di esempio l'Yverdon ha dichiarato di avere un budget di circa due milioni a stagione, cifre non paragonabili a quelle del Bellinzona. Sarà dura fare un ulteriore salto di categoria. Non è un caso se vogliono essere sorretti da Bentancur, un uomo di calcio che coi suoi giocatori può aiutare i granata a colmare il gap».
Morandi è l'allenatore giusto?
«Sul campo non so come lavora. A lui piace spiegare calcio, a volte sembra che l'abbia inventato lui. Devo riconoscere che si esprime molto bene, ma a mio avviso parla troppo. Non ho niente contro di lui e credo che il Bellinzona non potesse scegliere allenatore migliore. Conosce bene l'ambiente. Un ambiente che era a pezzi con Jemmi, penso di non aver mai sentito da nessuna parte di giocatori che si sono rifiutati di allenarsi».
Quali sono i tuoi allenatori preferiti?
«I miei idoli sono senza dubbio Lucien Favre e Vladimir Petkovic. Mi piacciono però anche quelli emergenti come Seoane, Celestini, Magnin e Contini. Jacobacci ha fatto una gavetta enorme, sono felicissimo per lui. Gli auguro di togliersi delle gran belle soddisfazioni, se le merita. A Bellinzona era fin troppo professionale, per un club attualmente nei bassifondi del campionato di Prima Lega Promotion».