L'ex Lugano e Ambrì Ivano Zanatta lavora proprio nel club in cui il 19enne ha perso la vita.
«Mi ha fatto tornare alla mente la perdita del mio migliore amico, avvenuta nel 1983».
SAN PIETROBURGO - L'hockey russo è sotto shock per la recente scomparsa di Timur Faizutdinov, giovane giocatore con una carriera - ma soprattutto una vita - davanti a sé. Una discata si è purtroppo rivelata fatale per il capitano della squadra giovanile della Dynamo San Pietroburgo. Durante un match dei playoff di MHL il 19enne - deceduto settimana scorsa in ospedale - è stato centrato dal puck all'altezza della nuca, causandogli danni gravissimi e alla fine irreversibili. Le sue condizioni erano apparse disperate già sul ghiaccio.
Chi conosceva bene il ragazzo è Ivano Zanatta, che proprio nella Dynamo San Pietroburgo lavora in qualità di membro dello staff tecnico della prima squadra (Serie B russa). L'ex Ambrì e Lugano ci ha raccontato i momenti drammatici vissuti dal suo club. «È una tragedia difficile da accettare, siamo tutti sotto shock. È successo qualcosa d'incredibile che ci ha toccati profondamente. Era un ragazzo d'oro, lo vedevo tutti i giorni. Fuori dal ghiaccio era una persona eccezionale, apprezzata da compagni, allenatori e amici. L'anno prossimo sarebbe stato pronto per il salto in prima squadra, era già stato deciso...».
Il pronto ricovero nell'ospedale più vicino non è purtroppo servito a salvargli la vita... «La gravità dell'accaduto non ha permesso il trasporto di Timur in una struttura più adeguata come quella di Mosca. È stato dunque preso in cura all'ospedale di Jaroslavl, dove i medici l'hanno operato d'urgenza in collegamento con i colleghi di Mosca. Purtroppo, però, i loro sforzi si sono rivelati vani».
Nonostante l'accaduto i campionati non si sono fermati... «La partita che abbiamo giocato dopo la tragedia sembrava un funerale. Non so se sia stata una scelta giusta scendere sul ghiaccio: i ragazzi non avevano la testa per disputare una partita. Hanno perso un compagno, ma soprattutto un amico. Le ultime due gare, invece, le abbiamo disputate in trasferta e questo ci ha aiutati a cambiare aria per qualche giorno».
Quanto successo settimana scorsa ha smosso un ricordo indelebile nella testa di Ivano Zanatta. «Nel 1983 avevo perso il mio migliore amico. Era caduto in montagna in Val di Fassa, precipitando giù per un burrone. Per me è stata una persona troppo importante, senza la quale non sarei mai riuscito a portare avanti i miei studi all'università. Mi aiutava molto poiché io ero spesso impegnato con l'hockey e non ci stavo dietro. Oltre a studiare avevo anche un bel lavoro, invidiato da tanti e ben retribuito. Ma dentro di me non ero così felice e proprio quell'incidente mi aveva fatto capire che la vita è troppo breve e che avrei dovuto seguire la strada che mi rendeva maggiormente felice. Così la mia conclusione era quella di concentratmi solamente sull'hockey. Ad ogni modo, vedere il tuo migliore amico in una bara è qualcosa che ti segna per sempre. La vita bisogna viverla ogni giorno senza mai dimenticare che anche la peggiore giornata è sempre una bella giornata...».