L'analisi di Nicola Celio: «Non ritengo che questo sia il momento giusto per cambiare»
«Fra le mani l'Ambrì ha del valore che sarebbe difficile da ritrovare».
AMBRÌ - La stagione dell'Ambrì è andata agli archivi da oltre due settimane. Nei corridoi della Gottardo Arena sono iniziate le analisi di un campionato il cui epilogo ha lasciato molto amaro in bocca. Specialmente fra i tifosi, divenuti negli ultimi anni un pizzico più esigenti. Il fascino della nuova casa ha imborghesito una frangia del tifo biancoblù? Chissà...
Sta di fatto che il mancato accesso ai pre-playoff - obiettivo dichiarato in estate - ha acceso il dibattito fra chi vedrebbe di buon occhio un cambiamento e chi invece difende a spada tratta l'operato di Luca Cereda e Paolo Duca. Da che parte stare? Ne abbiamo parlato con Nicola Celio, bandiera del club leventinese. «Tutto sommato si può essere contenti del campionato dell'Ambrì. Sono partiti molto bene e poi hanno avuto qualche passaggio a vuoto, come tutte le squadre d'altronde. Certo, qualcosa in più si sarebbe potuto fare, ma hanno vinto la Coppa Spengler, torneo nel quale la squadra ha investito molte energie. In generale è stata una stagione dal rendimento piuttosto stabile».
Le critiche, talvolta anche feroci, sono dunque ingenerose?
«È troppo facile criticare. Io che ho giocato posso dire che non è sempre tutto così semplice come traspare dall'esterno. Tanto più che quest'anno il livello del campionato si è alzato ulteriormente. Abbiamo visto l'Ajoie che, pur arrivando ultimo, ha comunque viaggiato a una media di un punto a partita. Bisogna accettare di essere lì nel mezzo della classifica a lottare. Perché se si guarda bene la graduatoria, l'Ambrì non è nemmeno così distante dalle prime sei posizioni. E in passato questa era pura utopia...».
La società sta dunque lavorando bene?
«Sono anni che operano bene con un budget ridotto. Il pubblico sta rispondendo presente ed è stata creata una certa stabilità. Le critiche fanno parte del gioco, ma a volte penso che vadano un po' oltre. Personalmente cerco di stare lontano dai commenti e dai social, preferisco guardarmi le partite e farmi la mia idea».
Fossi Filippo Lombardi, continueresti con Luca Cereda oppure il momento è propizio per un cambio?
«Un cambio si giustifica soltanto nel momento in cui individui una valida alternativa, che ti dà delle certezze. Prima di pensare di sostituire Duca e Cereda bisognerebbe vedere se in giro c'è qualcuno all'altezza. Ritengo però che questo non sia il momento giusto per cambiare».
La partenza di uno imporrebbe la partenza dell'altro?
«Si intendono, sono complici, costruiscono insieme ed entrambi non lavorano per sé stessi ma per il bene dell'Ambrì. Per questo se dovesse mancare uno dei due, sarebbe un problema. Paolo Duca sa il fatto suo, ha acquisito una certa padronanza nel suo lavoro, è cresciuto molto e non da ultimo negli ultimi anni è riuscito a portare ad Ambrì giocatori molto interessanti. Non so se in giro c'è qualcuno con tutte queste caratteristiche. Stesso discorso per Cereda, abbiamo visto tanti allenatori andare e venire ma che a conti fatti hanno combinato solo disastri. Ad Ambrì adesso è un altro mondo: le loro qualità non si possono mettere in discussione».
Negli ultimi mesi Cereda è sembrato avere le batterie un po' scariche, forse perché stufo dell'ambiente spesso ostile che lo circonda. E se fosse lui ad aver bisogno di qualcosa di nuovo?
«Possibile, ma a questa domanda faccio fatica a rispondere. Non essendo più all'interno del club non conosco i sentimenti di Cereda. Ascolto le sue interviste in televisione, ma non basta per giudicare».
Dunque, avanti così?
«Prima di fare dei cambiamenti occhio, perché fra le mani l'Ambrì ha del valore che sarebbe difficile da ritrovare. Non si può tornare a pagare tre/quattro allenatori all'anno. Quella di separarsi da Duca e Cereda, a mio avviso, sarebbe un'operazione ad altissimo rischio. È un duo invidiato e personalmente mi preoccuperei di più che qualcuno me li possa portare via».