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L'ANEDDOTO DEL SEBAMorant dimenticato in autogrill: «Ci raggiunse su una macchina scassata»

30.11.23 - 07:00
«Johann è un ragazzo tranquillissimo, con una sensibilità spiccata. In pista però era terribile: se provocato diventava pazzo»
Ti-Press
Morant dimenticato in autogrill: «Ci raggiunse su una macchina scassata»
«Johann è un ragazzo tranquillissimo, con una sensibilità spiccata. In pista però era terribile: se provocato diventava pazzo»
Seba Reuille: «Johann arrivò dopo 45’ con dei tizi un po’ “peace and love”».
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LUGANO - Milletrentacinque match ufficiali in National League, tra regular season e playoff, sono un’enormità. Una vita intera dedicata all’hockey, contando poi pure gli anni trascorsi da direttore sportivo dei Rockets. Una vita fatta di emozioni, trionfi, cadute, gioie e dolori. E aneddoti. Come quelli di cui è piena la valigia di Sébastien Reuille. Una valigia che, ora che disco e ghiaccio li guarda da fuori, il 42enne ha aperto per noi.

«Era l’estate del 2012 e, con il Lugano, dovevamo partecipare a un torneo in Trentino-Alto Adige - ha attaccato Seba - Partimmo in bus dalla Resega e poco dopo Milano ci fermammo in autogrill. La sosta durò poco: per non perdere troppo tempo e rischiare così problemi con il traffico, ci rimettemmo infatti velocemente in viaggio. Appena rientrati in autostrada squillò però il telefono di Mirko Bertoli». 

Il team manager.
«Era Johann Morant. E la comunicazione fu più o meno così: “Mirko, dove siete?”, “Siamo ripartiti. Tu, scusa, dove sei?”, “Io sono ancora qui all’autogrill”. L’avevamo insomma dimenticato».

Spiacevole, ma capita. Tornaste indietro?
«Non era possibile: sull’altra carreggiata c’era una coda unica. Non c’era modo di farlo». 

Lo lasciaste lì?
«Qui arriva la parte bella. Avete presente Morant? Un toro, pieno di muscoli, con una faccia non certo rassicurante. Era estate, e lui, in maniche corte, faceva una certa impressione. In più, appena arrivato a Lugano, non parlava una parola di italiano. Solo inglese e francese. Gli dissero: “Ti aspettiamo alla prima uscita dopo l’autogrill, trova qualcuno che ti accompagni lì”. Noi sul bus cominciammo a ridere pensando alla scena di questo energumeno che, in qualche modo, chiedeva un passaggio».

Ti-PressMorant sul ring

Alla fine ce la fece.
«Dopo 45’ minuti. Arrivò con dei tizi un po’ “peace and love”, a bordo di una macchina scassata. Potete immaginare quante gliene dicemmo».

Ve la fece pagare o stette allo scherzo?
«A Natale tra compagni è consuetudine scambiarsi dei doni. Qualcuno, non ricordo chi, gli fece un regalo a tema. Scherzi a parte, Morant era particolare. È un ragazzo tranquillissimo, con una sensibilità spiccata. Adora la famiglia, è bravo a cucinare, sa suonare qualsiasi strumento musicale, dal sassofono al pianoforte. È incredibile, davvero. In pista invece era terribile. Se provocato diventava pazzo. Un po’ dottor Jekill e mister Hyde». 

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