Il centrocampista rossoblù Matteo Arnaboldi si racconta: «Mi ha fatto molto male vedere il Chiasso associato alla parola fallimento»
«La felicità è ancora maggiore se penso di aver raggiunto il professionismo con la squadra della mia città. Il mio gol al Lugano? Indimenticabile, ricordo ancora gli occhi di mio papà».
CHIASSO - Matteo Arnaboldi è uno dei giocatori che ha avuto l'onore (ma anche l'onere) di far ripartire la macchina-Chiasso, dopo il triste fallimento del gennaio 2023. Quando il suo telefono è squillato, e dall'altra parte c'era il club rossoblù, non ha esitato un momento ed è stato uno dei "sì" più scontati che ha pronunciato in vita sua. Primo perché è la squadra della sua regione, secondo perché proprio con la maglia momò - a Baden il 9 aprile 2006 - esordì in Challenge League, riempiendo l'album dei ricordi di immagini indimenticabili.
«Essere arrivato fino alla serie cadetta mi rende certamente orgoglioso - ci ha detto il 34enne, felicemente sposato e padre di due bimbi - Ho anche avuto la fortuna di affrontare qualche squadra di Super in Coppa Svizzera. Sì, in carriera qualche soddisfazione me la sono tolta. La felicità è ancora maggiore se penso di aver raggiunto il professionismo con la squadra della mia città».
Prestazioni condite da momenti indimenticabili...
«Pensate che in carriera ho segnato due gol in Challenge League. Ed entrambi sono arrivati nei derby, uno contro il Lugano in casa e l'altro al Lido di Locarno. Le sfide cantonali mi galvanizzavano...».
Due gol speciali, anche se...
«Quello contro i bianconeri (era il 19 maggio 2007 e il Chiasso batté 2-0 il Lugano, ndr) ancora oggi mi fa venire la pelle d'oca, è stato una magia, avevo 18 anni e avevo segnato davanti alla mia gente. Uscendo dal campo ho letto negli occhi di mio papà la grande emozione. Un momento che non scorderò mai. Ci sono alcune emozioni che solo lo sport ti fa vivere...».
Hai sognato anche la Super League?
«Certo che l'ho sognata. Ho disputato quasi cinque anni di professionismo fra Chiasso e Mendrisio, in quest'ultima squadra quando ancora c'era la Prima Lega unica. Finita la stagione con il Mendrisio ero tornato al Comunale, dove in panchina era sbarcato Raimondo Ponte, il quale nel 2010 mi aveva mandato a Zurigo per fare un provino con la U21. Era andato discretamente bene, ma non c'erano le condizioni ideali per restare e dunque avevo deciso di rientrare a Chiasso, in Prima Lega, dove poi avevamo festeggiato la vittoria del campionato».
C'è qualche rammarico o sei tranquillo?
«Spesso nella vita succede che alle prime difficoltà invece di perseverare si prende una strada secondaria, quella un po' più semplice se così si può dire. Questo aspetto l'ho provato sulla mia pelle e purtroppo me ne sono reso conto dopo. Il rapporto con le sconfitte e le difficoltà? Sono dell'idea che chi ha successo non è necessariamente colui che ha perso meno, ma chi ha imparato di più da una sconfitta. In generale, l’esperienza calcistica mi aiuta anche nella vita di tutti i giorni».
E poi c'è un traguardo che vuoi raggiungere...
«Esattamente, ovvero le 100 presenze con la maglia del Chiasso. Sono a 71 e se la matematica non è un'opinione ne mancano 29. Ho 34 anni, ho qualche acciacco, ma la speranza è di tagliare questo traguardo. È sempre importante porsi degli obiettivi nella vita, poiché reputo siano la benzina per andare avanti».
Come hai vissuto il recente fallimento della società?
«Mi ha fatto molto male vedere il Chiasso associato alla parola fallimento. Ad ogni modo, una volta smaltita la delusione, un po' come tutte le persone della regione, l'ho vista come una grande possibilità per ripartire seguendo dei valori un po' più sani. La situazione precedente non era più sostenibile e la gente del Mendrisiotto si era disaffezionata al FC Chiasso. Ci voleva nuova linfa, che per fortuna è arrivata, certificata dalle ben 1'051 persone presenti alla prima partita, senza scordare i 500 abbonati che - associate a una Quarta Lega - sono cifre pazzesche».
Chiasso fa anche rima con Mattia Croci-Torti, una delle bandiere del club rossoblù...
«Conosco bene il Crus, mi ha preso sotto la sua ala quando era a Chiasso, dove è sempre stato il leader dello spogliatoio. Ma oggi non posso dire di tifare Lugano, anche se un po' faccio il tifo per Mattia... (ride, ndr)».