La multinazionale basilese sarà la prima grande realtà elvetica a permettere l'home working anche nel post-Covid.
La flessibilità sarebbe la caratteristica più ricercata dai dipendenti per dare il loro meglio. Il capo del personale: «Il 60% desidera poter scegliere dove e quando lavorare».
BASILEA - Prima grande realtà elvetica a permettere il telelavoro permanente a chi lo desidera, anche nel post-Covid, Novartis sta analizzando il comportamento dei suoi impiegati. Primo risultato: il volume di lavoro prestato non è calato.
«Abbiamo chiesto ai nostri collaboratori di cosa hanno effettivamente bisogno per lavorare nel modo più produttivo possibile», spiega in un'intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger Steven Baert, capo del personale del colosso farmaceutico renano. «Abbiamo ricevuto oltre 60'000 risposte e più di 100'000 commenti. Il risultato è stato che i nostri dipendenti vogliono lavorare in modo più flessibile. Concretamente, ciò significa che circa il 60% desidera poter scegliere dove e quando lavorare, cioè passare in modo flessibile da un luogo all'altro. Il 14% preferisce lavorare a casa, un altro 14% desidera lavorare solo in ufficio, anche se la flessibilità sarebbe a disposizione, gli altri dicono: devo essere in ufficio, non c'è altro modo».
Chi rimane a casa non fa comunque vacanza. «Abbiamo constatato che il volume di lavoro svolto non è diminuito», afferma il manager. L'impresa può dirlo perché utilizza uno strumento di analisi che misura l'attività al telefono, di scrittura di mail e di meeting digitali. Controllo totale? «In primo luogo, i dipendenti non sono tenuti a partecipare a questa raccolta di dati, possono rifiutarla», risponde Baert, precisando che solo il 3% si oppone. «Secondariamente non misuriamo l'attività individuale di un dipendente: guardiamo solo i dati aggregati. L'analisi è inoltre limitata solo a un team con almeno 30 persone».
A sorpresa è emerso quanto intensamente i lavoratori effettuino scambi fra di loro. «Hanno meno tempo per riflettere in modo tranquillo di quanto avessimo pensato», osserva il 46enne. Inoltre con l'aumento dell'home office sale anche il numero di appuntamenti: «Invece di passare un attimo da un collega per discutere un tema, prenotano un appuntamento in agenda». Stando al dirigente di origini belghe «esiste il pericolo che la flessibilità abbia effetti negativi sugli scambi: dobbiamo trovare il mondo di affrontare la cosa».
Per evitare che i collaboratori rimangano troppo tempo davanti allo schermo Novartis mette a disposizione un'apposita applicazione, che dà consigli su pause, sonno e alimentazione. Niente paura però, l'impresa non ha accesso a dati. «È importante per me sottolineare che la protezione dei dati e anche la privacy dei nostri dipendenti sono assolutamente fondamentali. Tutta la nostra strategia si basa sulla fiducia tra noi e i nostri dipendenti. Se danneggiamo questa fiducia, distruggiamo le nostre fondamenta», dice il capo del personale.
La chiave di tutto è che le varie offerte sono opzionali. «Non ci aspettiamo che le persone utilizzino l'app in questione. Non sappiamo nemmeno quanti la usino attivamente. In generale: non ci occuperemo mai di micro-management dei nostri dipendenti. L'idea che l'azienda abbia bisogno di carota e bastone per far agire correttamente il proprio personale è completamente superata. Le persone sono motivate quando imparano costantemente cose nuove e quando contribuiscono a idee importanti, quando il loro lavoro ha un impatto. Vogliamo vivere questa cultura», conclude Baert.
Il programma di telelavoro del gruppo è globale, ma è strutturato in base al Paese. «Ciò significa che non si può lavorare per Novartis Svizzera da Bali», spiega il dirigente. «Lavorare da casa è sempre una scelta. Non chiediamo né costringiamo nessuno a farlo. Versiamo ai collaboratori che ne hanno diritto una somma una tantum di circa 680 franchi per l'allestimento del loro ufficio domestico. E i dipendenti possono ad esempio ottenere una sedia da ufficio scontata attraverso i nostri partner», conclude il responsabile del personale.