Sempre più allevatori sono costretti ad abbattere i loro animali prima del tempo. Scende la produzione del latte
LOSANNA - Caldo e scarsità di piogge affamano i giardini, i campi, ma anche i pascoli. Così, non potendo garantire cibo e acqua alle proprie mucche, diversi allevatori si trovano costretti ad abbattere parte del bestiame per non perdere tutto ciò per cui hanno lavorato. Tra le conseguenze, il prezzo della carne bovina potrebbe diminuire, al contrario di quello del latte.
La tendenza, spiega al portale 24 Heures il presidente della Società cooperativa Vaud-Genève di produttori di carni bovine, Bertrand Gavin, è raddoppiata rispetto allo stesso periodo di un anno considerato «normale». Da un abbattimento di circa 150 capi di bestiame a settimana, si è quindi passati a 300.
Non si tratta di casi isolati, ma di una realtà che comincia a pesare nella quotidianità degli allevatori. Ed è proprio uno di loro a spiegare come il suo lavoro, in questa estate canicolare, è cambiato. Per poter abbeverare le sue sessanta mucche porta al pascolo ogni mattina e ogni sera 3mila litri di acqua, per un totale di 6mila litri al giorno. E per farle mangiare, carica una volta a settimana un rimorchio con dell'insilato, ovvero del foraggio compattato. Una così grande richiesta di risorse in un momento di forte siccità non può che entrare in crisi. La soluzione adottata: diminuire il carico.
Un maggior numero di abbattimenti implica in particolare due conseguenze. Più mucche abbattute vuol dire più prodotto sul mercato e quindi un abbassamento del prezzo della carne bovina. Ma meno mucche, vuol dire anche meno latte e a un prezzo più elevato. La produzione è già infatti diminuita del 40%.