Christoph Blocher è favorevole all'acquisizione da parte di una banca straniera. Altri criticano la possibilità che sia UBS a comprare CS
ZURIGO - Le prossime potrebbero essere le ore decisive per il futuro di Credit Suisse (CS). Dopo un sabato sera frenetico, tra riunioni del Consiglio federale e trattative di acquisizione che sembrano essere in fase avanzata, questa domenica potrebbe segnare il giorno dell'acquisizione di CS da parte di UBS. Lo scopo è di arrivare a una soluzione prima della riapertura delle borse di lunedì, per evitare di scatenare nuovamente il panico tra gli investitori.
UBS in queste ore sembra essere alla ricerca di garanzie da parte di Berna: l'acquisizione, riferisce Reuters, potrebbe andare in porto se la Confederazione fosse disposta a mettere sul tavolo almeno sei miliardi di dollari. Il matrimonio UBS-CS non sarebbe indolore dal punto di vista occupazionale: la stessa agenzia stampa parla di un taglio di 10mila posti di lavoro.
C'è chi dice no - Per Christoph Blocher, un'acquisizione di CS da parte di UBS sarebbe una pessima idea. Parlando con il SonntagsBlick mette in guardia da una fusione. «Sarebbe negativa per la Svizzera come luogo di lavoro, soprattutto per i clienti delle banche». Verrebbe a crearsi un problema anche con le grandi aziende svizzere operanti su scala internazionale. «Se non c'è più concorrenza, le aziende sono alla mercé dell'unica banca». Ecco perché sarebbe meglio, secondo Blocher, se una banca straniera rilevasse CS. «Non sarebbe di per sé un male. Dopo tutto, la maggioranza di CS è già di proprietà straniera».
Anche il redattore economico della SRF Reto Lipp è critico nei confronti di un'acquisizione da parte di UBS. Al Tagesschau afferma chiaramente: «Non è una buona soluzione. Possiamo già vedere che CS è 'too big to fail', troppo grande per fallire, ed è per questo che tutti ora si occupano di CS - Finma, BNS, Consiglio federale. Se una banca di questo tipo viene fusa con un'altra, la banca risultante è una banca molto più grande». Alla fine si avrebbe un «mostro bancario unico» e «quando va male, va male tutta la Svizzera», dice Lipp.
Anche dall'estero - L'economista statunitense Nouriel Roubini, noto anche come Dr. Doom per le sue previsioni di sventura, propone parlando con la SonntagsZeitung una scissione a tre del Credit Suisse. «È troppo grande. E la debolezza di una parte, per esempio la banca d'investimento, danneggia le parti buone, cioè la banca commerciale e la gestione patrimoniale per investitori istituzionali e privati. Prima la banca viene divisa o venduta, meglio è». Tuttavia, non sa se una nuova banca d'investimento avrebbe una possibilità. «La prima preoccupazione per la Svizzera dovrebbe essere che il Credit Suisse rimanga solido come banca commerciale, con buoni depositi e prestiti sani. Questo da solo non la renderebbe un'istituzione finanziaria globale, ma perché dovrebbe assumersi questo rischio sistemico?».
Burkart: il tempo stringe - Anche il presidente del PLR svizzero Thierry Burkart afferma che il tempo stringe. È urgente trovare una soluzione per il Credit Suisse, afferma in un'intervista alla SonntagsZeitung. «Le nostre aziende, ma anche l'attività bancaria internazionale, sono così strettamente interconnesse che altrimenti potremmo causare una crisi bancaria internazionale». Secondo Reto Lipp, citato ancora dal Tagesschau, 80 delle 100 maggiori aziende svizzere avrebbero rapporti commerciali con CS. «Sono in gioco milioni di clienti e conti bancari». Se dovesse verificarsi una crisi bancaria internazionale, ha dichiarato Burkart, ciò causerebbe un danno grave e duraturo alla piazza finanziaria svizzera e alla Svizzera come piazza economica.