Sindrome dell'Avana: nell'inchiesta di Insider, CBS e Spiegel spiccano anche i movimenti degli agenti di Putin sul suolo elvetico
GINEVRA - Alcuni agenti del servizio militare russo GRU, specializzati in attacchi elettromagnetici o con sistemi a micro-onde, avrebbero soggiornato diverse volte a Ginevra alla vigilia di operazioni finalizzate all'eliminazione di persone ostili al potere di Putin. Lo riporta il Tages-Anzeiger, riprendendo alcuni stralci dell'inchiesta giornalistica della piattaforma investigativa in lingua russa "Insider, CBS e Spiegel che hanno sollevato il caso "Sindrome dell'Avana", i misteriosi attacchi al sistema nervoso di "obiettivi" considerati nemici del dittatore russo.
«Alcune operazioni sono state condotte anche attraverso la Svizzera» scrive il Tages. Che ricostruisce i movimenti e la presenza di probabili spie russe sul territorio svizzero all'avvicinarsi di azioni poi verificatesi all'estero. Come quella del 2018, quando «agenti dell'Unità 29155 (ndr. la sezione radiologica degli 007 russi) hanno tentato di uccidere l'ex agente segreto sovietico naturalizzato britannico Sergei Skripal con l'agente nervino Novichok nel sud dell'Inghilterra. I tre assassini avevano soggiornato sul lago di Ginevra e nelle vicine Alpi francesi nei mesi precedenti l'attacco» scrive il quotidiano zurighese.
Veleno, esplosivi, radiazioni - Ma gli stessi uomini in azione nel 2018 (che l'inchiesta individua essere anche come i responsabili degli attacchi elettromagnetici di cui si parla in questi giorni) avrebbero anche operato negli anni precedenti, facendo «esplodere un deposito di munizioni nella Repubblica Ceca e in Bulgaria» e «avvelenando un trafficante d'armi bulgaro». Questi nomi «sono tornati a comparire nelle ricerche sulla sindrome dell'Avana» e «la maggior parte di loro ha trascorso un lungo periodo a Ginevra prima degli attentati. O come dipendenti della missione russa presso le Nazioni Unite. O presumibilmente per studiare l'inglese» sotto copertura.
La missione russa ONU di Ginevra e il colonnello-diplomatico dei servizi russi - Dal 2017 nella missione ONU di Ginevra figurava, secondo quanto afferma il Tages, un colonnello dei servizi russi «che operava in Svizzera sotto la copertura di un diplomatico presso l'Organizzazione mondiale del commercio». Con uno pseudonimo «sarebbe stato uno dei responsabili dell'intelligence militare russa che nel 2015 ha tentato di uccidere un trafficante d'armi in Bulgaria. La vittima è sopravvissuta per poco».
Secondo le nuove rivelazioni - afferma il Tages-Anzeiger - «sarebbe stato coinvolto anche in attacchi con microonde a diplomatici americani a Francoforte, che avrebbero avuto luogo nel 2014. Secondo i media coinvolti, una delle vittime è ora in grado di identificare un uomo nelle foto che si aggirava furtivamente fuori dagli edifici consolari statunitensi poco prima di uno degli attacch». «È sicuramente lui», ha detto l'ex dipendente del consolato americano. Il lui sarebbe proprio il colonnello-diplomatico dei servizi russi di stanza a Ginevra che «ha lasciato prematuramente e bruscamente il suo incarico in Svizzera nel 2018» rivela il Tages.
In precedenza, «i media avevano riferito che i presunti assassini di Skripal si erano recati a Ginevra» e in seguito il colonnello-diplomatico «si trovava in Bulgaria nello stesso periodo in cui il trafficante d'armi è stato avvelenato».
Sindrome dell'Avana anche a Ginevra? - Casi di sindrome dell'Avana sono emersi anche nella missione statunitense a Ginevra, scrive sempre il Tages. «Secondo il Wall Street Journal, tre cittadini americani hanno segnalato casi nel 2019. Una persona è stata trasportata negli Stati Uniti per un trattamento medico».
E le autorità svizzere cosa dicono? «Il Servizio federale di intelligence - risponde per iscritto al Tages una portavoce - è a conoscenza della sindrome dell'Avana, ma non commenta le notizie diffuse dai media». Il Dipartimento degli Affari Esteri invece ha dichiarato che la Svizzera «garantisce la sicurezza delle rappresentanze straniere in Svizzera e del loro personale in conformità con la Convenzione di Vienna».