Quando non c'è terapia che ti possa guarire. In Svizzera ventimila persone soffrono di una malattia genetica rara. Abbiamo parlato con tre ticinesi
LUGANO - Talvolta i sintomi si presentano già alla nascita, altre persone se ne rendono invece conto solo in età avanzata. Per ora si conoscono fino a settemila malattie rare, di cui circa l’80% è dovuto a questioni genetiche. In occasione della sesta giornata internazionale delle malattie rare in Svizzera, in programma domani a Zurigo, ne abbiamo parlato con Anna Maria Sury, coordinatrice del Centro Myosuisse Ticino: «Nell’ambito di questo tipo di patologia si riscontra un aumento dovuto al fatto che la medicina è in grado di riconoscerne sempre di più» ci spiega. Ma questo non significa, secondo la nostra interlocutrice, che ora ci si debba per forza sottoporre a un test genetico per scoprire se si sia a rischio. E i genitori portatori di una malattia rara dovrebbero ricorrere all'esame per il figlio solo a dipendenza della patologia. Ma qual è la diffusione in Svizzera? Si parla di circa ventimila persone colpite, tra cui soprattutto bambini. Noi abbiamo parlato con tre ticinesi.
Scegliere la vita per il figlio malato
Giuseppe Russo di Bellinzona soffre di miopatia miotubulare centronucleare
«I medici dicevano che non avrebbe potuto vivere più di sei mesi e consigliavano di spegnere il respiratore». Giuseppe Russo, nato il 3 giugno 2001, soffre di miopatia miotubulare centronucleare, una rarissima malattia genetica che indebolisce i muscoli, creando problemi respiratori e nella deglutizione. All’epoca si trattava del 41esimo caso noto. Ed è grazie alla coraggiosa decisione della famiglia che tra pochi mesi Giuseppe compirà però quindici anni, superando dunque di gran lunga l’aspettativa di vita prevista dai medici. «Alla nascita è stato trasferito al Kinderspital di Zurigo, perché non respirava da solo – ci racconta la mamma Annabella – gli esami genetici hanno poi permesso di capire che si trattava di una malattia neuromuscolare». La famiglia è però stata conquistata dai sorrisi di Giuseppe e dalla sua voglia di vivere. «Un sacrificio? Quando si ama non si tratta di un sacrificio. Oggi rifarei esattamente la stessa scelta» assicura la mamma, che segue il figlio assieme al compagno e alla sorella di quasi dodici anni. E può contare anche sull’aiuto di infermiere pediatriche. Giuseppe è costantamente attaccato a una macchina e viene nutrito artificialmente. «È un bambino sempre attivo e nel limite delle sue possibilità gli permettiamo di vivere come gli altri». Una vita che comprende anche viaggi. Tra i più emozionanti si conta quello del 2013: «L’abbiamo portato a Roma, dove ha incontrato Papa Francesco». Ed è a seguito di quest’esperienza che la famiglia ha poi fondato un’associazione che ha lo scopo di dare sostegno ai genitori di bambini disabili e di realizzare i loro sogni.
«Una situazione che mi dà tristezza»
Janick della Capriasca ha la Sindrome di Curschmann-Steinert
«Non riuscivo a concentrarmi sulle cose più semplici, mi cadevano di mano i giocattoli, ero sempre stanco». Ai tempi dell’asilo cominciava a essere chiaro che in Janick, un ventiduenne della Capriasca, qualcosa non andava. Già allora si trattava della Sindrome di Curschmann-Steiner, una distrofia muscolare che il giovane ha ereditato dal padre. «La presenza della malattia è stata determinata nel 2007, quando avevo quattordici anni, attraverso un’analisi del Dna» ci racconta Janick, che ogni giorno deve convivere con una malattia per la quale non esiste una terapia. «Oggi riscontro difficoltà nell’uso delle mani, non riesco per esempio ad aprire una bottiglia o una conserva, quindi ho spesso bisogno di aiuto. E devo inoltre fare un lavoro protetto». Ma non si tratta soltanto di questo: «Parte della mia lingua si è trasformata in grasso e non mi permette di parlare chiaramente – ci spiega ancora il ventiduenne – sono spesso stanco, ho dolori muscolari non appena cammino troppo, non posso fare lavori pesanti». Una serie di difficoltà che rattristano Janick. Anche se nella vita di tutti i giorni cerca di nascondere i sintomi della malattia, lui si sente comunque timido, depresso e complessato. «Ho per esempio paura che alle ragazze possa fare schifo la mia lingua» ci dice. E aggiunge: «Ricevo però molto sostegno da Myosuisse e dall’Associazione malattie genetiche rare, e naturalmente dalla mia famiglia».
«Devo stare ogni giorno all'erta»
Enza Schipani di Bellinzona soffre di anemia falciforme.
LUGANO - «Quando provo dei dolori più forti del solito al livello del torace, devo correre in ospedale». Enza Schipani, trentaduenne di Bellinzona, ha vissuto i suoi primi ventinove anni sapendo di avere una malattia ereditaria: l’anemia falciforme. Ma prima del 2013 non aveva mai avuto dei veri problemi, se non stanchezza cronica e alcuni dolori. Poi sono però arrivate le crisi vaso-occlusive. E da allora Enza deve sempre stare all’erta, perché ogni crisi può essere letale. Cosa succede nel suo corpo? «I miei globuli rossi iniziano ad autodistruggersi, prendono la forma di falce e in questo modo intralciano il trasporto di ossigeno. Rischio delle crisi respiratorie». Non c’è nulla che però lei possa fare (o non fare) per evitare tali situazioni: «Nessuna causa scatenante, le crisi si sono più volte presentate in giornate tranquille, in cui non avevo fatto grandi sforzi» ci dice ancora Enza. Al presentarsi di dolori sospetti, alla trentaduenne basta mezzora per capire se sia meglio recarsi in pronto soccorso. «Le visite si concludono praticamente sempre con un ricovero, in cui la crisi viene tenuta sotto controllo» conclude Enza.