Abbiamo chiesto alla politica di riempire i 37 ettari di vuoto che lascerebbe l'eventuale chiusura dell'aeroporto di Lugano
LUGANO -Il grounding di Darwin ha rilanciato le voci di chi è preoccupato per il futuro dello scalo luganese. In fondo il traffico di linea prevede sei rotazioni al giorno, di cui due da martedì vengono cancellate. E poi lo scalo della Svizzera italiana subirà sempre più concorrenza: basti pensare che con l'apertura della Stabio-Arcisate e della Galleria di base del Ceneri, volare da Agno non è quasi mai la soluzione più rapida. Abbiamo fatto una simulazione, da cui è emerso che per raggiungere New York "converrà" scegliere Malpensa. Mentre per il centro di Zurigo, Alptransit è la soluzione.
Lugano Airport Sa è, quasi esclusivamente, di proprietà della Città di Lugano, il suo futuro lo decidono quindi Municipio e Consiglio comunale. Abbiamo chiesto ai capigruppo: e se chiudesse?
«Sarebbe un salto quantico all’indietro - sbotta Karin Valenzano Rossi (PLR) - un passo impensabile se vogliamo uno sviluppo economico, congressuale e turistico». Sulla stessa linea il vicecapogruppo della Lega, Lukas Bernasconi: «Lugano ha bisogno di un aeroporto per essere una città importante? Per organizzare congressi? Per raggiungere Ginevra che, nonostante Alptransit, è a sei ore di treno? Io credo di sì». Anche dal fronte del PPD «una chiusura totale dello scalo non è un tema, né all'ordine del giorno né all'orizzonte» ci dice il vicecapogruppo Michele Malfanti, aggiungendo: «Abbiamo sempre creduto in questo aeroporto, non si possono poi sottovalutare i posti di lavoro».
«Valuto male l’idea di toglierlo del tutto» spiega Tiziano Galeazzi (Udc). «Ritengo che tenere almeno i voli possa dare una mano all’economia della regione». Il democentrista abbozza anche una strategia di rilancio: «Ho proposto gli idrovolanti. Toccherebbero tutte le città sui principali laghi, non mi sembra un’idea così assurda, in fondo l’aeroporto era nato così».
Chi non rimpiangerebbe l’aeroporto, invece, è il verde Nicola Schönenberger: «I voli di linea funzionano sempre meno, è un mercato che non interessa alle compagnie, ma senza voli di linea viene a cadere il servizio pubblico» spiega. «Lo scenario della chiusura andrebbe quantomeno analizzato. Anche perché vengono cancellati voli ogni due per tre».
«Personalmente se prima non ero convinta dello scalo, alla luce dei fatti recenti lo sono ancora meno» ci dice Simona Buri (Ps).
Lo scalo cittadino occupa 37 ettari di pregiatissimo terreno. Ma che farne? «Assolutamente non immagino un via libera alla cementificazione disordinata». L’ecologista Schönenberger ci vedrebbe bene una zona verde, magari fluviale. «Ma ci sono posti di lavoro da tutelare, per questo si potrebbe puntare sui punti forti del Ticino: ricerca e sviluppo, non certo logistica e moda. Perché non pensare a un terzo politecnico federale? O a un grande stadio cantonale, piuttosto che farlo in una zona infelice come Cornaredo?»
Anche Galeazzi, pungolato, lascia correre l’immaginazione: «Speriamo che sia un’ipotesi fantascientifica, ma potremmo immaginare una scuola di golf popolare aperta a tutti, per ripagare la popolazione che ha speso milioni per mantenere l’aeroporto».
Nei ranghi di PLR e Lega non ci vogliono neanche pensare: «Preferisco formulare ipotesi su circostanze concrete, non su provocazioni» ci respinge Valenzano Rossi. «Bisogna dare continuità a un progetto che ha circa ottant’anni - le fa eco Bernasconi - è nei momenti difficili che si possono gettare le basi per il futuro». E Malfanti del PPD conclude: «Rispondere a questa domanda non è possibile. Cosa si potrebbe fare lì? Niente, solo un altro aeroporto... più nuovo».