Lotta alle droghe: tolleranza zero al liceo privato Everest. Il direttore: «Rifiutare l’esame, può comportare la sospensione dalla scuola»
LUGANO – Il test antidoping entra in classe. Con controlli delle urine a sorpresa, esattamente come accade nello sport. Tolleranza zero sul tema droghe, al liceo Everest Academy di Lugano. Una scelta, quella della scuola privata ora diretta da Marco Meschini, che non fa l’unanimità. Qualcuno, a denti stretti e sottovoce, l’avrebbe presa male, invocando la protezione della privacy. «A noi risulta invece che gli studenti siano concordi con questa novità – sottolinea Meschini –. L’abbiamo introdotta nel nuovo regolamento proprio per tutelare loro stessi e le rispettive famiglie».
Prevenzione – La misura è subentrata lo scorso 3 settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico. I primi controlli arriveranno nelle prossime settimane. «È una sorta di patto che abbiamo stabilito con i ragazzi e con i loro genitori. Non nasce da un’emergenza all’interno del nostro liceo (che ha per scelta un numero limitato di studenti, 12 per classe). Però è innegabile che nella società odierna il problema esista. Il nostro obiettivo educativo è la prevenzione. Noi non vogliamo che i nostri studenti facciano uso di sostanze stupefacenti, dunque lo chiariamo e ne facciamo una cultura comune. Insomma, patti chiari, amicizia lunga».
Non si può dire di no – A tal punto che chi si rifiuta di fare il test, rischia grosso. «Non sottoporsi al controllo a sorpresa equivale ad ammettere di avere fatto uso di sostanze stupefacenti. In questo caso, possiamo sospendere o persino allontanare lo studente».
Una notizia che fa clamore – Poi Meschini precisa: «Il nuovo regolamento porta con sé anche altre novità. Chiaramente, questa è quella che fa più notizia. Ma non è così unica. So, ad esempio, che la scuola americana (Tasis) di Collina d’oro fa la stessa cosa già da qualche tempo. E poi la nostra idea è nata anche grazie al confronto con realtà sportive locali, che lavorano proprio coi giovani».
La voce del Decs – Nella scuola pubblica un provvedimento simile sarebbe attuabile? Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs), sembra piuttosto scettico. «No, non si sono immaginate misure del genere nella scuola pubblica». Sul caso dell’Everest, aggiunge: «Allo stadio attuale della legislazione, non compete a noi controllare questo genere di aspetti per le scuole private autorizzate». Sulla possibile violazione della privacy, Bertoli è altrettanto chiaro. «Si tratta di una questione che, se ritenuta problematica, dovrebbero semmai sollevare gli allievi e le famiglie».