Il PPD è polemico riguardo lo spostamento della croce intitolata "Luce Divina": «Si reclama l'autonomia dell'arte e poi sono quelli che a Lugano devono occuparsi di arte a porre delle censure»
LUGANO - È con «grande costernazione» che la Sezione PPD e GG di Lugano ha appreso delle «incomprensibili traversie», di cui è stata oggetto la scultura posizionata davanti alla chiesa di Santa Maria degli Angioli. La gigantesca croce in acciaio, opera dello scultore albanese Xelidon Xhixha e intitolata Luce Divina, infatti dovrà essere spostata.
Il motivo? «La sua collocazione nei pressi del LAC non va bene ai vertici del MASI, il Museo d'arte della Svizzera italiana», sottolineano i pipidini luganesi.
Secondo la sezione PPD il vero motivo di questo trasferimento sarebbe proprio il simbolo raffigurato dall'opera, una croce, percepita come un simbolo religioso. «Veramente c'è di che rimanere allibiti! Ma come? In ambito artistico si reclama sempre l'autonomia dell'arte da qualsivoglia pressione e poi sono proprio quelli che a Lugano devono occuparsi della programmazione artistica a porre delle censure? E la croce non la troviamo forse anche nella nostra bandiera nazionale?».
Le giustificazioni avanzate fino ad ora appaiono assurde al PPD. «Arrivano ad affermare che "la chiesa degli Angioli è un tutt'uno con il LAC»; dimenticandosi forse che quello straordinario monumento di fede e di arte (contenente il celeberrimo affresco di Bernardino Luini raffigurante le vicende della Passione di Gesù e la sua Crocifissione) esiste già da qualche secolo. Di più, il MASI pretenderebbe di avere potere decisionale su tutto ciò che lo circonda: ciò che potrebbe significare porre censure anche sulla programmazione musicale e teatrale e sull'uso di piazza Luini, qualora la stessa non risultasse gradita ai suoi vertici».
Per la sezione di Lugano del PPD - che chiede di lasciare l'opera dov'è , fino alla fine della mostra -, appare incomprensibile che il Municipio abbia accolto la richiesta di spostare l'opera. «Vi è una chiara mancanza di coerenza rispetto alla difesa dell'autonomia dell'arte più volte invocata dal nostro Esecutivo».