L'Ente ospedaliero cantonale prende posizione dopo la condanna per lesioni colpose gravi in relazione al caso di contagio da epatite C. Molto probabile un ricorso contro la sentenza
BELLINZONA - Quella pronunciata stamattina da Siro Quadri è una sentenza che rappresenta «un punto di svolta preoccupante per l’intero sistema sanitario nazionale». Così l'Ente ospedaliero cantonale (EOC) commenta la condanna a una multa di 60'000 franchi subita in relazione al caso di contagio da epatite C avvenuto nel dicembre 2013 all’Ospedale Civico di Lugano.
Per l'Ente, infatti, in questo modo si introduce di fatto una responsabilità penale generalizzata per una struttura sanitaria che non fosse in grado di identificare l’autore di un atto sanzionabile: «L’ospedale, per sua vocazione dedito alla cura dei pazienti e al miglioramento continuo della qualità e della sicurezza delle cure, non può e non deve trasformarsi in un ausiliario della magistratura», si legge nel comunicato.
Non solo, perché per l'EOC la sentenza odierna potrebbe pure incoraggiare la “caccia al colpevole” a tutti i costi, ciò che potrebbe indurre il personale curante a non più segnalare spontaneamente eventuali errori, temendo una condanna. «Per un ospedale è invece quanto mai importante che gli errori commessi emergano, così da poter prendere le necessarie misure ed evitare che si ripetano».
Oltre a ricordare che «nessuna legge sanitaria in Svizzera impone un obbligo di tenere traccia del nome di ogni operatore per ciascun gesto di routine» - una posizione questa che non ha però convinto Quadri, secondo il quale la posa di una via venosa è parte integrante di un trattamento e non un gesto di routine - nel proprio scritto l'Ente ha annunciato che «con buona probabilità» inoltrerà ricorso.