Jim Moser, figlio del celebre pilota si racconta: «Non amo le auto da corsa, ho intrapreso un'altra strada»
L'imprenditore non ha scelto i motori, che domava il padre Silvio, ma è in prima fila sul mercato delle biciclette elettriche.
LUGANO - Silvio Moser, il primo pilota ticinese a correre in Formula 1, morto prematuramente dopo un incidente nella “1000 km” di Monza nel 1974, viene ricordato dal figlio Jim. Dal padre non ha ereditato l’interesse per il mondo dell’automobilismo e delle corse, ed è invece uno dei precursori del trasporto green ed elettrico in Ticino.
Suo padre era un pilota molto amato. Che ricordi ne ha?
«Era uno sportivo famosissimo all’epoca. Nonostante questo era molto alla mano, parlava con tutti e giocava a carte al bar, era un uomo di paese. Da piccolo lo vedevo molto poco a causa delle sue trasferte lavorative ed è mancato quando avevo solo 7 anni. È stato un grande trauma. In un certo senso l’ho conosciuto solo dopo, nei decenni successivi: amici, ammiratori e collaboratori mi hanno raccontato aneddoti a non finire».
È riuscito a trasmetterle la passione per le automobili?
«I motori non mi hanno mai appassionato. Ricordo che da piccolo mio padre mi fece sedere dentro un’auto da corsa per vedere se mi piaceva, mi misi a piangere a dirotto. Credo che un po’ si risentì, anche perché il suo amico e pilota Clay Regazzoni fece lo stesso con suo figlio, che invece ne fu contentissimo. Poi certo, l’incidente di mio padre non ha favorito un buon rapporto con le automobili».
Ha quindi intrapreso una strada del tutto diversa.
«Sono un ingegnere elettrotecnico, ho studiato al Politecnico di Zurigo. Mi considero un programmatore e un inventore: ho creato i primi prototipi di biciclette elettriche in Ticino, già più di dieci anni fa, quando si trattava di un mercato di nicchia. Da qualche anno, però, non ho più lo studio d'ingegneria e ho cambiato mestiere».
Oggi di cosa si occupa?
«Possiedo tre negozi di biciclette elettriche, a Lugano, Camorino e Mendrisio. Abbiamo iniziato molto precocemente e ci siamo imposti sul mercato, con l’obiettivo di offrire sempre il miglior prodotto al cliente. Il nostro scopo è allontanare la popolazione dall’utilizzo dell’auto, almeno per i piccoli spostamenti: la bici consuma meno ed è spesso più veloce. Se mi sentisse mio padre, gli prenderebbe un colpo!».
I suoi, di figli, che passioni hanno?
«Uno dei miei ragazzi ha seguito le mie orme, studia elettrotecnica a Zurigo. Gli altri sono ancora giovani, è presto per sapere quale strada decideranno di percorrere. Sono dell’idea che ognuno debba essere libero di seguire le proprie passioni, senza forzature».
Nessun automobilista in erba?
«Caso vuole che proprio a mio figlio Silvio piacciano molto le automobili. Ama guidare, è molto bravo, e soprattutto ama la velocità. Quando siamo insieme lascio sempre a lui il volante, e lo devo costringere a rispettare i limiti!».
Sebbene gli interessi siano stati diversi, tiene comunque viva la memoria di suo padre.
«Sì, nel 2014 abbiamo esibito alcune delle sue vetture agli spazi espositivi Lexus a Grancia. Sto inoltre preparando un'esposizione permanente per l’anno prossimo a Lugano, avremo tre automobili completamente risanate. Sarà un grande omaggio alla sua carriera».
«È un lusso ma posso fare l'imprenditore senza telefonino»
«Sono un bastian contrario, non amo seguire le masse», afferma Jim Moser, ormai uno dei pochi uomini in carriera rimasti a vivere senza telefonino. «Quando ero giovane e studiavo informatica mi capitava già di lavorare al computer mentre mi trovavo in viaggio, quello che oggi fanno tutti l’ho vissuto trent’anni fa. Quando si sono diffusi i telefonini ho avuto una sorta di rigetto, li usavo già da anni e mi ero reso conto che l’eccesso di tecnologia finisce per alienarci dalla realtà». Oggi, Jim riesce a gestire la sua attività e non sente la mancanza di un collegamento mobile: «È decisamente un lusso, essendo il capo di me stesso me lo posso permettere, non è così per tutti. Sicuramente la concentrazione ne beneficia, perché vengo interrotto molto raramente. Ho solamente un tablet, che uso sporadicamente per connettermi e guardare le email: le gestisco come se fossero lettere, leggendole una volta al giorno».