Frontalieri e disoccupati: il nostro cantone marca male. I salari - dice la Seco - sono i più bassi del paese
«I lavoratori stranieri sono più flessibili» secondo l'Unione svizzera degli imprenditori. Ma per gli economisti non c'è un "effetto sostituzione". Il punto nella conferenza stampa a Berna
LUGANO - Salari più bassi (1200 franchi in meno, mediamente). Più frontalieri, e più disoccupati. È un quadro non proprio confortante, quello che emerge dalle ultime statistiche della Seco. Il Ticino si conferma "pecora nera" nel mercato del lavoro in Svizzera. Ma sui rapporti causa-effetto, gli economisti non sono troppo in chiaro.
Immigrazione in frenata - «L'immigrazione che la Svizzera ha vissuto negli ultimi anni sembra aver soddisfatto le esigenze del mercato del lavoro» ha indicato oggi la Segreteria di Stato dell'Economia (SECO) presentando a Berna il 16esimo rapporto dell'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e UE. Stando al rapporto, il potenziale della manodopera indigena e straniera viene «utilizzato in modo soddisfacente» nella Confederazione. In Ticino emergono tuttavia molti più limiti rispetto alle altre regioni.
Timori «infondati» - In tutte e tre le regioni linguistiche, l'immigrazione nel contesto della libera circolazione delle persone ha svolto negli ultimi anni un ruolo chiave nella crescita dell'occupazione, secondo quanto riporta il rapporto, pubblicato a meno di tre mesi dalla votazione del prossimo 27 settembre sull'iniziativa UDC "per un'immigrazione moderata (iniziativa per la limitazione)". Secondo Boris Zürcher, direttore della divisione lavoro presso la SECO, i timori iniziali che gli svizzeri sarebbero stati esclusi dal mercato del lavoro a causa dell'Accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone (ALC) non sono stati confermati.
«Più flessibili degli svizzeri» - La SECO ritiene inoltre che gli immigrati UE/AELS offrono maggiore flessibilità al mercato del lavoro svizzero: «È più probabile che lavorino di notte o di sera rispetto ai lavoratori nati in Svizzera» ha indicato Roland Müller, direttore dell'Unione svizzera degli imprenditori, aggiungendo che l'accordo sulla libera circolazione delle persone ha favorito anche l'arrivo di lavoratori altamente qualificati.
Derive da non sottovalutare - La maggiore flessibilità dei lavoratori stranieri è stata sottolineata anche dalla direttrice della SECO Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, secondo cui l'ALC ha un ruolo centrale nella promozione dell'economia elvetica. Tuttavia, si è detta «comprensiva» per gli effetti negativi che la libera circolazione ha avuto sui lavoratori elvetici, aggiungendo che la SECO e il Consiglio federale prendono molto sul serio le preoccupazioni, ad esempio tramite l'attuazione di misure di protezione.
Frontalieri in Ticino - Rispetto alla Svizzera tedesca, la Svizzera romanda e il Ticino hanno registrato un'immigrazione netta più elevata e una crescita più sostenuta dell'occupazione frontaliera, ha detto Zürcher. Inoltre, secondo il funzionario della SECO, tutte e tre le regioni «sono riuscite a sfruttare il potenziale della forza lavoro indigena in parallelo con l'immigrazione in modo sempre più soddisfacente».
Disoccupati stranieri - Il rapporto rileva tuttavia che in Ticino - tra il 2010 e il 2019 - si è registrato un aumento della partecipazione al mercato del lavoro meno marcato rispetto al resto della Confederazione. In effetti, la Romandia e il Ticino hanno tassi di disoccupazione più elevati rispetto alla Svizzera tedesca. A Sud delle Alpi, il tasso di disoccupazione ai sensi dell'Ufficio internazionale del lavoro (ILO), in forte aumento tra il 2012 e il 2013, ha riguardato soprattutto gli immigrati provenienti dall'UE/AELS.
Il "caso-Ticino" - Il Ticino rappresenta invece un caso particolare: con una quota del 28,5%, i frontalieri hanno costituito nel 2019 - così come l'anno precedente - una fetta estremamente elevata del mercato del lavoro locale, indica il rapporto. Negli ultimi otto anni la quota dei frontalieri è aumentata significativamente (+5,6% rispetto al 2010), viene indicato nel rapporto della SECO.
«Non c'è sostituzione» - Secondo Zürcher, già prima della libera circolazione il Ticino registrava un tasso di disoccupazione più alto rispetto alla Svizzera tedesca. Tuttavia, aumento della disoccupazione e aumento dell'immigrazione non sono direttamente collegati, ha aggiunto il direttore della divisione lavoro presso la SECO, aggiungendo che «salari bassi non significa dumping». Si tratta del sedicesimo rapporto e mostra che non c'è stata una sostituzione sistematica, ha poi ribadito.
Salari più bassi - Per quanto riguarda i salari, vi sono state alcune disparità tra le tre regioni, ammette la SECO. Il salario medio, tra il 2002 e il 2018, è aumentato dell'1,2% nella Svizzera tedesca, dell'1,1% nella Svizzera francese e solo dello 0,8% in Ticino. Per quanto riguarda il salario lordo, il Ticino (6'306 franchi) è nettamente al di sotto della media elvetica (7'624).
Immigrazione stabile - Stando ai dati forniti oggi, l'immigrazione dai paesi europei è rimasta stabile nel 2019. Dalla regione UE/AELS, le cifre sono rimaste praticamente costanti con circa 30'700 (31'200 nel 2018). Tuttavia, il calo della migrazione netta è stato molto meno pronunciato rispetto alla metà del decennio. Gli autori del rapporto spiegano tale trend con «una domanda di manodopera un po' più forte in Svizzera negli ultimi due anni».
Più immigrati dal Sud Europa - L'immigrazione netta da paesi terzi è diminuita lo scorso anno di 2700 unità, passando a 20'800 persone. Dal rapporto emerge tuttavia un cambiamento in base alle regioni di origine: tra il 2010 e il 2019, l'immigrazione di forza lavoro dall'Europa meridionale e orientale è aumentata molto di più di quella dall'Europa settentrionale e occidentale. Ciò è dovuto alla situazione economica di tali Paesi, precisa la SECO.
«Impatto positivo» - Secondo l'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e UE, l'immigrazione dall'UE/AELS ha un impatto positivo anche sul primo pilastro. Dal punto di vista delle rendite AVS e AI, gli stranieri contribuiscono infatti in modo decisivo al finanziamento e al consolidamento delle assicurazioni sociali.
L'incognita Covid - Per il momento, sottolinea il rapporto, è ancora molto difficile stimare le conseguenze di questa crisi legata al Covid-19 sui movimenti migratori all'interno dell'Europa, così come sullo sviluppo economico nel suo complesso. A breve termine, lo scambio internazionale di manodopera è stato gravemente ostacolato dalla pandemia. Una volta terminata la prima ondata, lo sviluppo economico dovrebbe gradualmente riprendere nella seconda metà del 2020. E secondo la SECO, è «probabile che la migrazione di manodopera in Europa rimarrà moderata nei prossimi mesi».