Per l'Esecutivo la regolamentazione non sarebbe nemmeno conforme alla costituzione.
Quindi l'invito a evitare di «alimentare intolleranze e discriminazioni»
LOCARNO - Vietare il burkini? «Un divieto inutile che potrebbe alimentare intolleranza e discriminazione». Questa, in sintesi, la risposta del Municipio di Locarno alla mozione del 2017 presentata dal già Consigliere comunale Aron D’Errico e in seguito ripresa dal signor Omar Caldara e cofirmatari che chiedeva di "vietare il burkini su tutto il territorio pubblico balneare (ossia rive, foci e spiagge di fiumi e laghi) e in tutti gli stabilimenti balneari aperti al pubblico".
Secondo i mozionanti, il burkini sarebbe esclusivamente un «indumento ideologico, fondamentalista, retrogrado e barbaro... incompatibile con i valori fondamentali della Svizzera».
Un avviso, questo, non condiviso dall'Esecutivo cittadino che, in replica, esordisce cercando di rendere edotti i mozionanti riguardo l'origine dell'indumento stesso: «Il burkini - si legge -viene comunemente definito come un “costume da bagno per donne di religione islamica, che copre tutto il corpo, lasciando liberi viso, mani e piedi. Si rileva inoltre che le sue origini sono legate a un’idea di pudore, attualmente più diffusa in culture non occidentali e che viene solitamente associata a una pratica legata all’Islam. Dal lato pratico, è innegabile che per la donna che lo indossa significa spesso sentirsi comunque più libera di andare in spiaggia, cosa che altrimenti non farebbe o non potrebbe fare».
Il Municipio ricorda quindi che, a livello cantonale, si è legiferato per quanto riguarda la dissimulazione del volto negli spazi pubblici, «ciò che è altra cosa che l’indossare un indumento come nel presente caso». «Non rappresentando con tutta evidenza un problema di ordine pubblico, un divieto dell’indumento burkini non rientra e non rientrerebbe anche in futuro nelle competenze del Comune di Locarno. Dubitiamo d’altra parte - si sottolinea - che una simile regolamentazione, da adottare a livello cantonale, potrebbe essere conforme alle nostre costituzioni federale e cantonale, nella misura in cui un tale divieto non prevarrebbe, tra l’altro, sul diritto costituzionale alla libertà che dev’essere garantita ad ogni cittadino. In particolare dubitiamo che possa prevalere un interesse pubblico, né stentiamo a ravvisarne no, rispetto alla libertà che deve essere garantita ad ogni persona di poter scegliere l’abbigliamento che più le aggrada».
«Un divieto come quello richiesto dai mozionanti - conclude il Municipio - potrebbe anche non portare ad alcun miglioramento per quanto riguarda l’ordine e la sicurezza ma piuttosto alimentare delle intolleranze e discriminazioni legate soltanto a chi non si conforma a vestirsi come la maggioranza della nostra popolazione. Se la preoccupazione dei mozionanti è effettivamente quella di combattere la sottomissione della donna, a volte costretta anche a vestirsi in un certo modo, la problematica non può essere risolta alla radice con un divieto di indossare uno specifico tipo di indumento. Non dimentichiamoci che ci sono donne, non sottomesse a nessuno, che preferiscono indossare degli indumenti meno succinti di quelli che la nostra società occidentale veicola come più adatti per andare in spiaggia».
Considerate queste premesse, il Municipio consiglia «vivamente di non accogliere la mozione».