Il coronavirus ha imposto la "distanza" in molte attività di contatto
Un limite ma anche un'opportunità terapeutica, come spiega il fondatore di Reactiv, Lorenzo Fornasari
LUGANO - Lorenzo Fornasari, giovane fisioterapista e fondatore di Reactiv, ci racconta come - in linea ad alcuni altri professionisti del suo stesso settore - abbia dovuto adattarsi alle nuove condizioni imposte dalla pandemia, scegliendo di seguire, laddove possibile, un approccio “a distanza” coi pazienti, così da garantire loro la continuità in sicurezza delle terapie riabilitative.
Come cambia con il virus la fisioterapia?
«Siamo nell’era della digitalizzazione e anche questo settore non è esente dalle nuove potenzialità che essa mette a disposizione. In aggiunta a questo, se si considera che il Covid ha profondamente indebolito la fiducia e alimentato molte paure delle persone che vengono riabilitate ogni giorno, si capisce come si sia cercato di trovare una nuova via».
Cosa intende?
«L’obiettivo in questo periodo particolare è quello di garantire un giusto equilibrio tra il rispetto dello spazio di sicurezza del paziente e, al contempo, fornirgli un servizio qualitativamente molto alto. Per questo motivo, sfruttando le tecnologie, abbiamo optato per la fisioterapia telematica, che gli permette di videochiamare, comodamente da casa, il suo professionista di fiducia e svolgere le sedute in questo modo per tutta la durata prevista».
L’importanza della presenza fisica del fisioterapista?
«Chiaramente continua a esserci laddove si necessiti di un intervento mirato e manuale sul paziente. Per il resto, sono convinto che la via telematica apra una strada molto interessante per il futuro della riabilitazione. Da un lato, permette di andare incontro alle esigenze di sicurezza dei soggetti più vulnerabili al virus, dall’altro è un sistema molto più flessibile ed efficiente, considerando che le sessioni virtuali possono essere prenotate con un anticipo anche di solo mezz’ora, andando altresì a eliminare il tempo di trasporto per giungere fisicamente a destinazione».
È possibile misurare i risultati a distanza?
«Certamente. Il fisioterapista deve sempre analizzare il proprio lavoro a ogni seduta, anche virtuale, avvalendosi di specifici metodi. Ve ne sono numerosi, per esempio è possibile utilizzare le scale di valutazione del dolore e vedere se il paziente è migliorato dall’ultima seduta rispetto alla prima. Inoltre, oltre alla sintomatologia, si può valutare anche la resistenza. Senza entrare in tecnicismi eccessivi, tutto ciò che è valutabile è misurabile, sia per i cambiamenti di breve che di lungo termine».
Vi è fiducia nella via telematica?
«Assolutamente sì. Abbiamo anche qualche caso di pazienti molto anziani che non si sono lasciati scoraggiare dall’ostacolo tecnologico di strumenti che non avevano l’abitudine di utilizzare, nonché indispensabili per continuare le sedute a distanza. Molti altri della stessa fascia d’età, tuttavia, hanno invece semplicemente preferito sospendere temporaneamente le sessioni per timore dei contagi. In generale, però, la grande maggioranza dei nostri pazienti ha accolto positivamente la possibilità di poter continuare a svolgere la loro terapia in questo modo, dandole piena fiducia».
La distanza pone il benessere nelle proprie mani
Lo specialista Lorenzo Fornasari non si lascia intimidire dalle sfide che il coronavirus ha lanciato alla sua professione e accoglie, invece, le opportunità che esse portano nel mondo della fisioterapia: «Credo che la pandemia, col conseguente imperativo della distanza, abbia messo l’accento su uno dei ruoli più importanti del fisioterapista, ossia quello di educare a prendersi cura di sé stessi», afferma il fondatore di Reactiv. «La riabilitazione telematica spinge il paziente a diventare pienamente padrone del proprio benessere, riducendo la tendenza a mettere nelle mani di un altro la responsabilità di star bene. Certamente, il fisioterapista indica che tipo di esercizi fare ogni giorno, quale stile di vita seguire, quale tipo di attività fisica e postura avere, ma il primo che deve volere e impegnarsi a tornare in salute è il paziente», conclude lo specialista di Lugano.