Dopo anni di saldi arrivi-partenze in calo, nel 2020 il cantone registra una nuova crescita migratoria
I ricercatori dell'Ustat: «È difficile dire se sarà l'anno della ripresa». La pandemia potrebbe infatti aver solo rimandato i progetti di vita delle persone. Manca invece uno studio su cosa spinga a venire o a lasciare il Ticino. Le considerazioni di Elio Venturelli
BELLINZONA - È la fotografia più aggiornata di un cantone dove sempre meno gente viene a vivere. Nello studio “Inversione della tendenza demografica: un aggiornamento dei principali indicatori”, i ricercatori dell’Ufficio di statistica (Ustat) Francesco Giudici e Matteo Borioli fissano nel 2014 il crinale. Il punto di svolta o spartiacque. Prima di quell’anno «la popolazione cresceva essenzialmente in ragione di una differenza positiva tra arrivi e partenze. L’aumento delle partenze e la diminuzione degli arrivi ha invertito questa tendenza generando, prima una crescita più moderata e, poi, una leggera diminuzione della popolazione».
Giovani arrivi in calo - L’inversione di tendenza ha toccato tutte le fasce, ma soprattutto quella più mobile dei 20-39enni. «Prima del 2013 - sottolinea lo studio - la differenza tra arrivi e partenze di individui tra i 20 e i 39 anni era compresa tra 1.500 e 2.000 unità l’anno. A partire dal 2014 questa cifra è progressivamente scesa sino ad arrivare a un saldo di 20-39enni praticamente nullo tra il 2017 e il 2019». Una situazione, sottolinea lo studio, che non si vedeva dal 1996. Anno che dà inizio a saldi migratori in crescita per quasi un ventennio.
Inversione pandemica? - I dati provvisori per il 2020 indicano di nuovo un saldo positivo di circa 650 giovani tra i 20-39enni (con una ripresa degli arrivi soprattutto internazionali). Ma gli studiosi sono cauti nel trarre conclusioni: «È difficile dire se il 2020 sarà l’anno della ripresa del saldo migratorio o meno, dato che gli spostamenti in generale, potrebbero essere stati inibiti dalle misure volte a combattere la pandemia. Potrebbe darsi che chi voleva arrivare in Ticino o partire verso l’estero o verso altri cantoni non abbia potuto farlo o abbia dovuto o voluto rimandare». E in ogni caso che per rendere nuovamente “attrattivo” il Ticino occorra una sorta di “pestilenza”, non ci pare una buona notizia. Senza scordare che sempre il 2020 si è chiuso con un saldo naturale eccezionalmente negativo per i decessi causati dalla pandemia.
Serve uno studio sulle cause - Chi cerca le cause della perdita di attrattività del Ticino rimarrà tuttavia deluso. Non per colpa dei ricercatori, che anzi sottolineano l’importanza di capire cosa spinga a partire di più e cosa spinga ad arrivare di meno in Ticino: «Purtroppo dati simili non esistono: solo un’inchiesta ad hoc potrebbe permettere di raccoglierli e di fare luce sulle dinamiche soggiacenti ai movimenti migratori» è l'auspicio che conclude lo studio.
Venturelli: «Due anomalie» - La decrescita attuale preoccupa anche un demografo come Elio Venturelli, intervenuto sul tema durante la videoconferenza “La città Ticino”, organizzata lo scorso 12 aprile da Coscienza Svizzera: «È una nuova crisi - ha spiegato l’ex direttore dell’Ustat - con due fattori che la differenziano dalla precedente. Il primo è che il Ticino oggi è in controtendenza rispetto alla crescita, anche molto marcata, di quasi tutti gli altri cantoni. La seconda differenza è che durante la crisi economica di metà anni ‘90 anche i frontalieri erano diminuiti, mentre stavolta al saldo migratorio in calo corrisponde una crescita continua della mano d’opera dall’Italia».