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CANTONE«Col Covid abbiamo capito quanto è fragile il Ticino»

20.09.21 - 08:48
Le riflessioni del Segretario UNIA Ticino, Giangiorgio Gargantini, a oltre un anno e mezzo dall'inizio della pandemia.
AFP
«Col Covid abbiamo capito quanto è fragile il Ticino»
Le riflessioni del Segretario UNIA Ticino, Giangiorgio Gargantini, a oltre un anno e mezzo dall'inizio della pandemia.

BELLINZONA - All’inizio della pandemia il governo ticinese si lanciò in una campagna solitaria contro il coronavirus. Il Consiglio di Stato dovette prendere delle decisioni difficili non fu solo per il settore pubblico, anche per le aziende, tra paura e ripercussioni economiche. A più di anno di distanza, cerchiamo di valutare le loro scelte con il Segretario UNIA Ticino Giangiorgio Gargantini.

Come valuta oggi la reazione dei datori di lavoro agli inizi della crisi pandemica?
«Senza fare generalizzazioni, abbiamo avuto casi positivi così come pessimi. Siamo però stati costretti a confrontarci con il lato peggiore del sistema capitalista in Ticino. Mentre era chiaro a molti che la situazione era fuori controllo, c’era ancora chi pensava di poter lavorare tranquillamente senza alcuna protezione. Uno sfruttamento dei lavoratori, i quali avevano giustamente paura».

Al di fuori degli orari di lavoro le aziende erano legittimate a chiedere ai loro dipendenti di non andare in Italia?
«Ovviamente no, quando finisce l’orario di lavoro ognuno ha il diritto di muoversi liberamente. Agli inizi di marzo c’era però ancora un grande vuoto legale, non si sapeva ad esempio se le assicurazioni malattia avrebbero preso a carico le quarantene, tantomeno se queste erano imposte dall’Italia, è stato quindi molto difficile valutare la situazione».

Avete ricevuto delle particolari segnalazioni da parte dei lavoratori?
«Purtroppo sì, molti datori hanno chiesto ai propri dipendenti frontalieri di entrare in Svizzera e prepararsi a restarvi qualche giorno. Dunque all’insicurezza e alla paura nei confronti di una malattia sconosciuta, si unì il dubbio tra rispettare il dovere verso il proprio lavoro e l’impossibilità fisica di allontanarsi dalla famiglia. Alcuni principali offrivano soluzioni concrete, pagando delle camere d’albergo. In contesti peggiori i salariati dormivano sul posto di lavoro o addirittura nei veicoli. Una situazione inaccettabile».

I datori hanno però dovuto muoversi senza informazioni sul virus e con l’incertezza riguardo gli aiuti economici.
«In effetti, c’erano molte informazioni contraddittorie. D’altra parte, sarò duro, ma l’aspetto economico non deve prevalere sulla salute. Noi chiedevamo di chiudere e poi pensare agli aiuti per le aziende, quest’ultime volevano delle certezze prima di fermarsi. Ci si è resi conto della fragilità di una parte dell’economia, si parlava di fallimenti anche solo chiudendo qualche giorno. Le autorità avrebbero dovuto assicurare un ingente pacchetto di aiuti fin da subito, questa lentezza è costata vite umane».

Parlando delle autorità, come valuta la loro di reazione?
«Il Governo ticinese ha reagito rapidamente rispetto al resto della Svizzera. Purtroppo, in un secondo tempo, e poi durante la seconda ondata, gli interessi economici hanno prevalso, e ciò è costato al Cantone un tasso di decessi tra i più elevati al mondo».

Secondo lei da questa esperienza, il rapporto tra lavoratori e principali ne esce rinforzato?
«Purtroppo credo di no, impiegati e sindacati hanno da subito chiesto di condividere la gestione dei piani di protezione. Dalla loro organizzazione fino alla verifica sul terreno, ma i datori hanno sempre dato un due di picche. È comunque presto per trarre dei bilanci, ma non penso che fossimo, e siamo, sulla stessa barca. I primi studi dimostrano che il tasso di mortalità tra gli operai (spesso in gruppo) è maggiore di quello dei quadri superiori».

Situazione sfuggita di mano - Agli inizi delle crisi, Berna annunciò un pacchetto di aiuti di 200 milioni di franchi. Questa cifra, se paragonata alle spese attuali, 15 miliardi nel 2020 e 23 a fine aprile 2021, dimostra come la gravità della situazione è sfuggita di mano. Nel caso in cui l’esito della pandemia fosse stato diverso, è lecito domandarsi se l’economia avesse potuto fermarsi grazie a delle risorse importanti mobilitate più rapidamente. Bisogna infatti tenere conto che, prima del vaccino, il distanziamento sociale era lo strumento migliore per proteggersi e che, secondo evidenze di studi, ad averne pagato il prezzo più elevato siano state le persone meno abbienti. Le ragioni sono multifattoriali e altre ricerche sono necessarie, ma una conclusione sembra certa, in futuro questa parte della popolazione deve essere maggiormente tutelata. Nonostante sia lecito porsi queste domande, non bisogna dimenticare un fatto imprescindibile: con i “se” si riscrive la storia, e l’importante resta che la società sia riuscita a reagire adottando delle misure idonee.

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COMMENTI
 

Boh! 3 anni fa su tio
Come sempre i “si avrebbe dovuto fare” saltano fuori soltanto dopo…

Don Quijote 3 anni fa su tio
Tutto fumo e niente arrosto, oggi la gente annega in un bicchiere d'acqua mentre scappa terrorizzata perché inseguita dalla propria ombra!

Tato50 3 anni fa su tio
Visto che avete un miliardo nelle casse tra stabili, contante e investimenti, non riscuotete solo le quote, ma date in solido non a parole ;-(

marco17 3 anni fa su tio
"I primi studi dimostrano che il tasso di mortalità tra gli operai (spesso in gruppo) è maggiore di quello dei quadri superiori". Un altro che tenta di profilarsi sfruttando i morti. Che citi gli studi in questione, a condizione che siano mai esistiti, soprattutto per il Ticino.

Luganese 3 anni fa su tio
Se l’aspetto economico non deve prevalere sulla salute, perché Gargantini e i sindacati, consultati dalle autorità cantonali, non hanno chiesto a gran voce e dall’inizio della pandemia di introdurre l’obbligo per i 70’000 frontalieri di fare i test? Forse avremmo avuto meno decessi. L’anno fatto per motivi di salute? I sindacati « mangiano « perché esistono i lavoratori che a loro volta “mangiano “ perché esistono gli imprenditori: quindi bisogna difendere i diritti dei lavoratori ma non tendere a colpevolizzare sempre i datori di lavoro, la cui maggioranza ha rispettato le norme e alcuni hanno investito beni personali per mandare avanti l’azienda e mantenere posti di lavoro.

Luganese 3 anni fa su tio
A

marco17 3 anni fa su tio
Un altro tuttologo allo sbaraglio che si improvvisa specialista di pandemie.

Gus 3 anni fa su tio
Ripeto 942'000'000 di franchi!

Gus 3 anni fa su tio
Per fare politica sfruttano anche la pandemia. Perché non hanno usato una parte dei loro 942 milioni per aiutare gli operai?

Bibo 3 anni fa su tio
Risposta a Gus
Perché loro non sono capitalisti, nooooooooo...
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