Giallo dell'hotel La Palma Au Lac di Muralto, al processo la versione dell'imputato. Dal gioco erotico all'allarme.
Un rapporto sessuale sul letto. Poi la coppia si sposta in bagno, "alla ricerca dell'asfissia". È qui che la 22enne inglese perderà la vita. Intanto il giudice se la prende col medico legale: «Manca l'ora del decesso. Inammissibile».
MURALTO/LUGANO - Al processo di Lugano si entra nella stanza numero 501 dell'hotel La Palma Au Lac di Muralto. Quella in cui il 9 aprile 2019 ha perso la vita una ricca 22enne inglese. Il 32enne tedesco alla sbarra, sollecitato dal giudice Mauro Ermani, tenta di ricostruire cosa è accaduto effettivamente quella notte, dopo il rientro della coppia in albergo.
La vasca da riempire – Si parla di un rapporto sessuale completo consumato sul letto, nonostante la giovane fosse indisposta. L'imputato, sempre assistito da un'interprete e difeso dall'avvocato Yasar Ravi, non ricorda né la durata dell'amplesso, né cosa avrebbe fatto in seguito. «So che sono andato in bagno, volevamo poi riprendere a fare sesso nella vasca. Di solito ho bisogno almeno una mezz'oretta tra un rapporto sessuale e l'altro. Ma a volte bastano dieci minuti. Dipende. Non ricordo nemmeno come ero vestito quando sono andato in bagno. Forse avevo anche le scarpe. Sono sequenze che non ricordo bene. Mi spiace non essere più preciso».
Alla ricerca dell'asfissia – I due passano poi dalla stanza al bagno. Dove, secondo l'imputato, si cimenteranno in una pratica sessuale estrema, basata sull'asfissia. «Non siamo arrivati a entrare nella vasca da bagno. La mia partner si è sdraiata sul pavimento. Poi abbiamo iniziato il gioco erotico. Ho provato a soffocarla con un asciugamano, in seguito con le mani. È un gioco che avevamo fatto altre volte in passato. Intanto la toccavo nelle parti intime. Avevamo una sorta di "codice" per capire quando bisognava smettere perché diventava pericoloso: lei teneva sempre la mia mano, quando la batteva dovevo lasciarla andare».
Priva di coscienza – E allora cosa sarebbe andato storto in quella occasione? Le risposte dell'imputato si fanno sempre meno chiare. «Non mi dava segnali che le cose non funzionassero. Dopo un po' ha urinato e lì ho smesso subito. A quel punto l'ho guardata in viso e ho visto che aveva la lingua leggermente fuori. L'ho scossa un po', senza successo. Ho provato quindi a rianimarla. C'era una striscia viola attorno al collo. Siccome non si riprendeva, l'ho girata verso la vasca. Ero scioccato, volevo che qualcuno mi aiutasse e sono corso con l'ascensore in ricezione». E alla ricezione, fa notare il giudice, l'uomo si presenterà con le scarpe ai piedi.
«La mia compagna è tutta blu» – Il personale riferirà di un uomo appoggiato al bancone, poco dopo le 6 di mattina, che si dava pugni sulla fronte e che diceva "la mia compagna è tutta blu". Ermani si sofferma anche su questo aspetto: «Aveva solo una striscia viola al collo o era tutta blu?» Il decesso è stato constatato poco dopo le 7 sul posto. Alla notizia, comunicata da una dottoressa, il 32enne avrebbe reagito chiedendo cosa dovesse fare. «La dottoressa mi disse di cercarmi un avvocato – ricorda –. Ero sconvolto. Non avevo capito esattamente cosa fosse successo. Era arrivata la polizia, mi avevano messo le manette. È stata una situazione molto difficile».
Grave lacuna – Ermani se la prende poi con alcuni inquirenti. In particolare col medico legale. Mancherebbero tre esami importanti effettuati sul corpo della vittima. Informazioni che avrebbero potuto dare certezze sull'ora esatta del decesso. «Mi auguro che il Ministero pubblico si sia chinato sulla questione – sostiene –. È inammissibile. Non abbiamo un accertamento scientifico sull'orario del decesso».