Il "divario digitale" si è amplificato con la pandemia. Serenella Morinini, 73enne valmaggese, suona la carica.
Lo specialista Alessandro Trivilini: «Tanta gente ha ancora paura delle novità. Responsabilità e consapevolezza sono gli strumenti per evitare panico inutile».
LODANO (MAGGIA) - «Tante persone della mia generazione, e anche più giovani, non sanno più dove sbattere la testa con le nuove tecnologie». Serenella Morinini, 73 anni, è una signora di Lodano (Maggia) che pone l'accento sull'analfabetismo digitale. Un problema reso ancora più evidente dalla pandemia. «In questi mesi di Covid – sottolinea lo specialista Alessandro Trivilini – c'è stata un'accelerazione per quanto riguarda la trasformazione digitale. E in molti annaspano».
Sempre più nuove applicazioni – Serenella, docente navigata, è una tipa spigliata. In generale se la cava bene con lo smartphone. Anche se ammette di non riuscire a fare tante cose. «I corsi che le diverse associazioni propongono sono parecchio utili. Ma, dal mio punto di vista, sono generalisti. Il fatto è che continuano a uscire nuove applicazioni, si fatica a reggere il ritmo, tutto è più veloce. Servirebbero corsi più puntuali, basati su disagi concreti».
L'aiuto dei nipoti – La 73enne di Lodano evidenzia come la paura di commettere errori "irreparabili" sia una costante. «Si pensa che schiacciando un link piuttosto che un altro si finisca per pagare qualcosa. Oppure si teme di prendere un virus. Spesso in realtà si tratta di situazioni banalissime. Eppure tanta gente fa fatica. L'aiuto dei nipoti? Serve. Ma solo sul momento. Spesso tendono a fare tutto loro, un po' per dimostrare di essere capaci, un po' per ottimizzare i tempi. Non si mettono quasi mai a spiegare come mai una cosa va fatta così e non in un altro modo».
In tilt per poco o nulla – Il risultato è che il cosiddetto divario digitale tra generazioni aumenta a dismisura. Di giorno in giorno. «Prima – riprende Trivilini – le persone senza risorse potevano vivere benissimo offline. Adesso l'offline è sempre più collegato all'online. Basti pensare alla questione dei certificati Covid. E anche se la complessità tecnologica è ridotta all'osso c'è chi comunque va in tilt. Si sta creando una tribù di "digitalmente esclusi". E sul lungo termine potrebbe essere un problema».
L'ignoto – Lo smartphone è sempre più centrale nelle nostre vite. Esageratamente centrale. E questo comporta difficoltà in chi non è preparato. «Col telefonino – dice Trivilini – si fanno pagamenti, ci si identifica, si fanno videochiamate. È come un impianto a vasi comunicanti. Multifunzionale. Magari capita che una persona conosca solo alcuni di questi vasi. E sugli altri sappia poco o nulla. È qui che si scatena il panico, di fronte all'ignoto. Si deve lavorare su responsabilità e consapevolezza».
Una risorsa da scoprire – Trivilini invita i potenziali analfabeti digitali ad avere più coraggio. «È chiaro che all'inizio può sembrare tutto caotico. Ma di base la tecnologia non è stata creata per fare del male alle persone. Al contrario. Certo, c'è chi la usa per commettere azioni illegali. Ma in quel caso è l'essere umano a comportarsi male. Non la tecnologia. Dobbiamo vederla come una risorsa, da scoprire giorno per giorno senza ansie. Capire ad esempio che ci arrivano determinati annunci non per magia, bensì perché abbiamo navigato su certe pagine è fondamentale. In questo modo si evita di andare in paranoia per niente. Il concetto esperienziale è importante. Non ci può ovviamente essere un corso che ti insegna a sapere tutto. Ma si possono fare corsi più orientati ai bisogni concreti degli utenti. In realtà già ne esistono. È la via giusta per il futuro».