Il guru di Fox Town si fa i conti in tasca dopo quasi due anni di Coronavirus.
Ha pesato in maniera importante la chiusura dell'outlet, ma Silvio Tarchini non è rimasto a guardare gettandosi in una nicchia: «Appartamenti dal target alto».
LUGANO - Mesi di chiusure della sua creatura, in quel di Mendrisio, non sembrano aver scalfito particolarmente Silvio Tarchini, 77enne guru dell'imprenditoria e patron del Fox Town, impero dell'outlet in Ticino.
Superati i momenti più grigi tra lockdown e restrizioni (salvo ritorni di fiamma con la nuova impennata di casi), l'imprenditore sta a guardare senza troppe ansie l'ennesimo strascico di questa pandemia: la carenza di materie prime e i ritardi nelle forniture.
«Per il momento i negozi del Fox Town non dovrebbero subirne le conseguenze - assicura -. Il motivo è semplice: il nostro è un outlet, qui i marchi propongono i loro invenduti della scorsa stagione. Si tratta di prodotti già fabbricati oltre un anno fa. Insomma, al momento non ci è stata segnalata nessuna difficoltà di approvvigionamento».
Quest'anno sta andando meglio rispetto al 2020?
«Il 2019 è stato l'ultimo anno in cui si è chiuso a regime. Anzi, eravamo andati molto bene. Poi è arrivata la pandemia... Nel 2020 abbiamo chiaramente sofferto la chiusura protrattasi per diverse settimane. Quest'anno un po' meno, ma calcoliamo che ritorneremo alle cifre del 2019 l'anno prossimo, se non quello successivo. A pesare è stata l'assenza di asiatici, americani e russi».
In compenso ci sono stati gli svizzero tedeschi...
«Fortunatamente, si sono intensificate le visite dei nostri connazionali d'oltralpe. Hanno tamponato parzialmente le mancate vendite dovute all'assenza di italiani e asiatici. Ma si resta comunque sotto le cifre del 2019. Almeno di un 15 se non 20%».
Bilanz azzardava una perdita di 50 milioni per il 2020.
«Una cifra plausibile. Forse l'anno scorso abbiamo perso anche qualcosa in più. Quest'anno abbiamo fatto circa 330 milioni».
È dal '94 che è in questo settore. Dopo quasi 30 anni e l'online sempre più presente, l'outlet ha un futuro?
«C'è senz'altro futuro. Si parla tanto di vendita online, ma quest'ultima macina cifre d'affari piuttosto basse. L'online al momento copre circa il 18% delle vendite totali. Anche perché: il prodotto di marca della stagione precedente, a prezzo fortemente scontato, lo trova solo nel Fox Town di turno. Le grandi firme tendenzialmente non vendono i prodotti della stagione scorsa, scontati, online».
Non è di solo tessile che vive, come noto. Anzi, è molto presente nel settore immobiliare. Da quel lato questi due anni come sono andati?
«Siamo più attivi nel settore industriale, logistico, dei laboratori, piuttosto che nell'abitativo. Non ci lamentiamo».
Non vede troppe gru in Ticino?
«È chiaro a tutti che si sta costruendo tantissimo, probabilmente troppo. Specie nell'ottica di un aumento della popolazione limitato se non assente del tutto».
Cosa ne consegue?
«Il nuovo va a sostituire il vecchio: quindi quei palazzi anni '60 o precedenti, che magari non sono stati riattati. Da questi appartamenti il cliente magari esce per trasferirsi in un appartamento nuovo, magari più piccolo ma più funzionale. Con i bagni e cucine più moderni».
E lei non si sta buttando in questo mercato?
«Qualcosa si sta facendo, ma va a interessare una nicchia di mercato. A Molino Nuovo, davanti all'Università, con l'architetto Botta stiamo costruendo una palazzina di 46 appartamenti. Si parla di un locale e mezzo o due locali e mezzo. Quindi piccoli, ma dal target alto. Noi ci rivolgiamo al professionista o alla coppia, comunque a coloro che cercano qualcosa di arredato, ben finito, in una posizione tranquilla, ma centrale. Lo stabile sarà concluso entro fine gennaio del prossimo anno e abbiamo già affittato oltre la metà degli appartamenti».