Corinne Zaugg, presidente dell'Unione femminile cattolica, sulla lettera consegnata al Papa dai vescovi svizzeri.
A redigerla il Frauenbund che da anni cerca di portare avanti la parità dei diritti. «Il sacerdozio non è la priorità. Basterebbe avere un po' più di co responsabilità », sottolinea l'esperta.
LUGANO - «Tutte le volte che le donne domandano qualsiasi cosa alla Chiesa, sembra che chiedano il sacerdozio. Certo è un tema di cui si discute, ma non è prioritario. Quello che le donne chiedono è di venire considerate quando si tratta di affidare dei compiti all’interno della Chiesa, di essere viste e ascoltate». Ad affermarlo è Corinne Zaugg, giornalista e presidente dell'Unione femminile cattolica ticinese. A fine novembre i vescovi svizzeri hanno consegnato al Papa una lettera da parte dell'associazione Frauenbund. Il testo chiedeva che le donne potessero avere più spazio in ambito ecclesiastico. «Perché – evidenzia Zaugg – le donne al momento fanno tutto, dalle catechiste alle sagrestane, ma non decidono nulla».
Un'occasione da non perdere – La rivendicazione del Frauenbund, la Lega svizzera delle donne cattoliche, parte da lontano. Già nel 2016 era stato promosso un pellegrinaggio a piedi da San Gallo a Roma per chiedere una “Chiesa con le donne”. «Ogni cinque anni i vescovi visitano il Papa, per quella che viene chiamata la “visita ad limina”. Le donne del Frauenbund hanno colto l'occasione per consegnare ai vescovi svizzeri una missiva da portare a Roma che riprendeva il tema della partecipazione e del ruolo delle donne svizzere in seno alla Chiesa. I vescovi svizzeri, alla fine della visita hanno dichiarato che il tema delle donne è stato fatto presente durante le visite dei vari dicasteri, anche se ancora non si sa con che risultati».
Qualcosa si muove, ma non basta – Recentemente sono state diverse le donne che sono state chiamate a rivestire ruoli importanti in seno alla Chiesa cattolica. Ricordiamo suor Nathalie Becquart, nominata sottosegretaria al sinodo dei vescovi. O ancora Catia Summaria, promotrice di giustizia della Corte di Appello in Vaticano. «Nomine importanti, ma insufficienti per poter parlare di una rappresentanza femminile diffusa. La Chiesa è un'istituzione fortemente patriarcale, retta e gestita da uomini celibi, da secoli l’elemento femminile è totalmente assente. Questo non trova alcuna giustificazione nel Vangelo. Gesù ha sempre avvicinato le donne con rispetto e attenzione. E le prime testimoni della sua resurrezione furono proprio donne».
Il pretesto che forse non regge più – Sarà. Ma intanto il fatto che i dodici apostoli fossero maschi viene usato dalla Chiesa cattolica come pretesto per impedire il sacerdozio al femminile. «Nel corso dei secoli dopo Cristo, la società si è richiusa nel patriarcato. Questo ha condizionato decisamente anche la Chiesa. Le donne ancora oggi faticano a farsi ascoltare. E quando vengono interpellate, lo sono solo su aspetti che vengono ritenuti siano loro propri: la maternità, la famiglia, la cura. Invece sarebbe bello se la loro voce potesse accompagnare quella degli uomini in tutti gli ambiti. Perché non ci sono temi preclusi alle donne. Non c'è ancora l'abitudine a un confronto alla pari. Ed è soprattutto questo che viene richiesto a gran voce».