Contrariamente ad altri cantoni, in Ticino la frequenza scolastica è obbligatoria e l’homeschooling non è consentito.
Nel nostro Cantone ci sono 13 allievi scolarizzati a domicilio, ma a causa di ragioni fisiche o psichiche. Il Decs: «La scuola non è solo apprendimento, ma anche socialità. La pandemia ce l’ha dimostrato».
BELLINZONA - Il dramma avvenuto due settimane fa a Montreux, con un'intera famiglia gettatasi dal settimo piano di un palazzo, ha fatto riemergere un tema già divenuto d’attualità durante la fase più acuta della pandemia: la scuola a domicilio. In questo caso però le ragioni sanitarie non c’entravano nulla. I genitori avevano semplicemente optato per l’homeschooling, istruendo loro stessi il figlio 15enne.
Differenze nonostante HarmoS - Se nel canton Vaud, teatro della tragedia, è possibile procedere con questa modalità d’insegnamento, in Ticino ciò non è consentito. L’istruzione - ricordiamo - è infatti di competenza cantonale e nonostante il concordato HarmoS (che mira ad armonizzare le strutture e gli obiettivi della scuola obbligatoria) le differenze anche sostanziali nei sistemi scolastici non mancano. E per quanto riguarda il nostro cantone, l’art. 6 cpv. 1 della Legge della scuola (LSc) stabilisce che «la frequenza della scuola è obbligatoria per tutte le persone residenti nel Cantone, dai quattro ai quindici anni di età».
13 allievi scolarizzati a casa - In Ticino è comunque prevista una scolarizzazione a domicilio per quegli allievi che per ragioni particolari d’ordine psichico o fisico non possono recarsi a scuola. Per questi studenti il Dipartimento può eccezionalmente autorizzare che l’insegnamento obbligatorio sia impartito presso le famiglie (art. 90 della LSc). «Si tratta di pochi casi - illustra la Divisione della scuola del Decs -. Su oltre 50'000 allievi, ve ne sono attualmente 13 scolarizzati a domicilio. Due allievi appartengono alla scuola elementare, undici alla scuola media».
Deroga solo per problemi di salute - Una possibilità che può dunque essere concessa solo in caso di vulnerabilità o fattori di rischio che costringono un allievo a restare a domicilio, lunghi periodi di convalescenza o necessità di seguire frequenti terapie. L’allievo e la famiglia sono seguiti a casa da docenti o da operatori pedagogici per l’integrazione che, a stretto contatto con la scuola, garantiscono il mantenimento del percorso scolastico. «La scolarizzazione a domicilio così come prevista in Ticino, da un punto di vista storico, concettuale e legale, non ha tuttavia alcun legame con i fenomeni che oggi chiamiamo homeschooling o unschooling», precisa il Decs.
Nessuna richiesta di homeschooling - I dati esposti in precedenza non si riferiscono quindi alle richieste provenienti da famiglie che vogliono educare i propri figli secondo i principi dell’homeschooling. «Queste richieste sono molto rare (quantificabili finora in alcune unità) e - assicura il Decs - attualmente non ce n’è nessuna che è pendente».
In netto contrasto con i valori della scuola - Ma proprio in virtù dell’esperienza accumulata durante la pandemia con la scuola a domicilio, l'insegnamento fai-da-te non potrebbe essere una strada percorribile anche in Ticino? Per il Decs no, in quanto «contrasta nettamente con la concezione e i valori promossi dalla scuola ticinese». «Oltre a essere un luogo di apprendimento - ci viene spiegato - la scuola è un luogo di relazioni, di socialità, di interazione e di confronto. Difficile immaginare che privando un allievo di questi elementi non si abbiano delle conseguenze negative sul suo sviluppo».
La pandemia… ha fatto scuola - Il ricorso alla scuola a distanza causato dall'emergenza sanitaria non legittimerebbe di conseguenza un’apertura verso l’autorizzazione di forme di scolarizzazione a domicilio gestite dalle famiglie. Al contrario, le difficoltà riscontrate durante il periodo di scuola a distanza rinforzerebbero l’importanza e il valore di una scuola in presenza: «La pandemia ha mostrato con estrema chiarezza i limiti dell’insegnamento a distanza e, soprattutto, l’importanza delle ricadute relazionali e sociali generate dalla frequenza della scuola pubblica», conclude la Divisione della scuola del Decs.