Il macellaio affranto (guarda il video), l'agricoltore triste per le spese in aumento... In tanti con l'acqua alla gola.
Le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina si abbattono sulle aziende famigliari. L'economista Amalia Mirante: «Il Cantone faccia qualcosa. Subito».
LOCARNO - Il video di Karis Margaroli, classe 1976, macellaio di Cugnasco-Gerra, è emblematico. Dopo due anni di pandemia, si ritrova ora a fare i conti con le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina. E con le spese della sua azienda famigliare aumentate enormemente. «Sono in difficoltà – ammette –. I costi dei mangimi, dei trasporti, dell'energia e quant'altro ci mettono con le spalle al muro. Anche i clienti sono in crisi e non stanno più arrivando».
Lacrime e latte – Sconforto anche per il 40enne Michele Arcioni, noto agricoltore di Bosco Gurin, produttore di latte. «I miei costi fissi – sostiene – sono aumentati di oltre il 30%. La nafta è carissima. Per non parlare della farina, della plastica per il fieno... Da inizio aprile mi tocca anche iniziare a restituire i prestiti per il Covid. Come si fa a continuare così? Come faccio a stare in piedi? Sono in tanti a essere nella mia situazione. Troppi».
«Per i piccoli bisogna fare di più» – Sì. Tanti piccoli imprenditori. Gente legata a imprese di famiglia. L'economista Amalia Mirante non usa mezzi termini: «Nelle nostre abitudini, la piccola imprenditoria è poco sostenuta dal punto di vista economico. A livello istituzionale, la grande azienda che entra in crisi è più facile da aiutare. Per i piccoli è come se avessimo un vuoto. È come se ci aspettassimo che l'imprenditore ce la faccia da solo. Alcuni sostegni ci sono, ma spesso in funzione del fatturato, del numero dei collaboratori... In tanti rischiano di essere tagliati fuori con simili premesse».
«È gente che arriva già da due anni tragici» – Mirante chiede un intervento rapido delle autorità: «E mi rivolgo soprattutto al Cantone. Bisogna intervenire adesso. Subito. Non tra qualche settimana. I gruppi di lavoro in questo caso non servono. Non sto dicendo che bisogna distribuire soldi a destra e a sinistra irrazionalmente, non dobbiamo creare un'economia di assistenza. Questi imprenditori però arrivano già da due anni tragici. Non possiamo fare finta di nulla. Bisogna sgravarli in qualche modo. E dare loro supporto in modo che possano attraversare anche questa burrasca. È gente che magari ha fatto una vita di sacrifici. Con pochi milioni di franchi possiamo salvare tante famiglie, il Ticino dovrebbe dotarsi di un dispositivo ancora più forte per simili casi».
Una globalizzazione che non funziona più – Quello che sta accadendo su scala internazionale rimette completamente in discussione anche il concetto di globalizzazione. «È chiaro – sintetizza Mirante – che le sanzioni alla Russia al momento stanno creando problemi collaterali alla nostra economia. Non possiamo più dipendere solo da determinate nazioni. E dobbiamo smetterla di pensare di produrre là dove i costi sono minimi, questo modello non è più sostenibile. La situazione è tremendamente instabile, non solo per i prezzi che impennano. Persistono, tra l'altro, i problemi legati alle forniture. E ancora non abbiamo visto le conseguenze dell'imminente aumento degli interessi. State pur certi che ce ne saranno...»