È una delle discipline più dure del pianeta. Il campionato del mondo si terrà il prossimo 7 maggio.
Michele Caverzasio, triatleta luganese con oltre 25 anni di esperienza nel circuito, è pronto alla sfida: «Ciò che mi spinge a farlo è il desiderio di superare i miei limiti»
LUGANO - C’è chi lo sport lo pratica la domenica, con la classica partita a calcetto, chi lo guarda in tv, seduto sul divano. Ci sono poi i più assidui, quelli che se non si allenano almeno tre o quattro volte a settimana non sono in pace con sé stessi. Ci sono poi gli agonisti e quelli come Michele Caverzasio, triatleta luganese con oltre 25 anni di esperienza nel circuito degli Ironman. Uno di quei pochi “matti” al mondo in grado di affrontare 3.86 km a nuoto, 180.25 km in bici e 42.20 km di corsa in sequenza, e di farlo ancora oggi, a 52 anni.
Insomma, non un atleta di primo pelo, anzi. Ad oggi ha partecipato a circa 20 Ironman full distance di cui 3 Ironman Worldchampionship che si tengono ogni anno alle Hawaii, ottenendo ottimi risultati. Quest’anno, inoltre, ha ricevuto ben due importanti riconoscimenti nel circuito Ironman mondiale: «Sono stato eletto AWA Gold (All World Athlete), unico ticinese (sono tre in tutta la Svizzera) - ci racconta -. Questo mi classifica nel 1% di tutti gli atleti partecipanti al circuito Ironman. La classifica mi colloca al terzo posto in Svizzera e 23esimo assoluto a livello mondiale».
Ma non mi pare tu abbia voglia di fermarti…
«No, anzi. Questo riconoscimento, ottenuto con dedizione, sacrificio e tanto sudore mi ha permesso di ottenere un invito al Campionato del mondo di Ironman che quest’anno, straordinariamente, si terrà nello Utah il prossimo 7 maggio. Sarà il primo Ironman dopo il Covid. E sarò l’unico ticinese a partecipare, assieme a pochi atleti svizzeri».
Poi ti prenderai una pausa?
«Dopo questa gara ci sarò ancora alla partenza dell’Ironman France, a Nizza, dove tenterò nuovamente la qualifica per il prossimo campionato del mondo».
A 52 anni hai ancora tutte queste energie?
«A dire il vero partecipa anche gente di 70/80 anni. Con i loro tempi, ovviamente, ma riescono comunque a portarsi a casa delle soddisfazioni».
Sembra incredibile… Come si riesce ad affrontare un circuito così pesante?
«Con tanto allenamento, ma soprattutto con la testa. Devi volerlo. Devi desiderare la fatica, devi saper soffrire e deve piacerti. Non è masochismo, la gara è la ricompensa per tutti i sacrifici. La devi prendere con spirito positivo, deve essere un divertimento».
Quanto ti alleni per prepararti? E come fai ad essere preparato in tre discipline diverse?
«Mi preparo facendo bici e subito dopo corsa, oppure nuoto e corsa. Mai tutte e tre le attività assieme, non lo ritengo necessario. Sfioro le 20 ore di allenamento settimanale».
Saranno contenti a casa…
(Ride) «Stamattina alle 7 ero già in acqua e mi sono fatto 4 km a nuoto. Ecco, cerco di sfruttare al massimo ogni momento della giornata per poter conciliare il lavoro, l’allenamento e la famiglia. Quindi spesso mi alleno quando gli altri dormono, e il weekend cerco di stare assieme alla famiglia».
Tornando all’Ironman, cosa è cambiato in questi 25 anni?
«C’è stata un’evoluzione enorme, specie a livello tecnico. Penso alle mute per il nuoto, ma soprattutto alle nuove biciclette, che permettono di guadagnare anche mezz’ora rispetto al passato. E ti fanno faticare di meno, che è la cosa più importante. Non bisogna arrivare già cotti alla maratona finale».
Che immagino sia la parte più faticosa…
«Lo è. Della nuotata quasi te ne dimentichi. La maratona, invece, è un po’ l’essenza di tutto l’Ironman. E’ dura fisicamente e anche di testa. E’ lì che viene fuori l’uomo di ferro».
Quest’uomo di ferro, continuamente messo alla prova, non subisce il logorio del tempo?
«L’attività più impattante è sicuramente la corsa. E’ la più logorante, anche in termini articolari. A causa della corsa mi sono dovuto operare una volta al tendine d’Achille e una volta al ginocchio».
Cosa ti spinge ad andare avanti?
«Il limite umano e il desiderio di superarlo. Un limite che, ovviamente, con l’avanzare dell’età è cambiato, ma continuo a sfidarmi, a misurarmi e vedere dove posso arrivare».
E se va male?
«La prendo con filosofia, anche se ce l’ho messa tutta. In ogni caso la gara in sé mi piace sempre, cerco quindi di godermela».