Le difficili congiunture hanno condizionato l'anno scolastico appena concluso.
Durante la conferenza stampa di questa mattina, il direttore del DECS Bertoli ha tracciato un bilancio positivo. Sono stati presentati inoltre i progetti in vista della ripresa a fine agosto.
BELLINZONA - L’anno scolastico 2021/2022 sarà ricordato per due crisi che hanno testato l'efficienza del sistema ticinese: il picco pandemico di dicembre-febbraio e il conflitto in Ucraina. Due eventi eccezionali a cui però la scuola ticinese ha risposto presente. Questa mattina il consigliere di Stato e direttore del DECS Manuele Bertoli in compagnia del direttore della Divisione scuola Emanuele Berger e da Paolo Colombo responsabile della Divisione della formazione professionale, hanno ripercorso le varie sfide che l’ente pubblico ha affrontato durante lo scorso anno.
La gestione del Covid - «La scuola, malgrado il contesto difficile di quest'anno, ha continuato a essere un punto di riferimento determinante non solo per gli allievi ma anche per tutta la società» ha sottolineato Manuele Bertoli. L’obiettivo dichiarato per l’anno scolastico 2021/2022 era di mantenere una scuola aperta, in presenza, rispettando al tempo stesso le misure sanitarie. Il direttore del DECS ricorda con soddisfazione il traguardo raggiunto: «Il momento difficile legato alla variante Omicron, a cavallo tra dicembre e febbraio, ha reso più difficile il lavoro dei docenti, ma grazie agli sforzi degli istituti la scuola è rimasta aperta».
L'augurio è che l’anno appena concluso sia «l’ultimo colpito dalla pandemia». In tal caso Bertoli traccia già un primo bilancio più che positivo sulla gestione della crisi. Malgrado gli sguardi ottimisti, il direttore del DECS si dice comunque pronto a tutti gli scenari possibili: «A fronte della possibilità che si debbano affrontare nel corso del prossimo autunno-inverno nuove ondate pandemiche, l’obiettivo resta inalterato: mantenere una scuola sicura e in presenza, non compromettere gli apprendimenti e, allo stesso tempo, garantire agli allievi le opportunità di socializzazione e di relazione».
I profughi ucraini - Finita una crisi, però, ne è subito iniziata un’altra. La guerra in Ucraina ha sottoposto la scuola ticinese a un’ulteriore prova di flessibilità. Dall’inizio del conflitto sono stati accolti nelle scuole del nostro cantone circa 600 allievi, di cui oltre cento nella scuola dell’infanzia, oltre 250 nelle scuole elementari, oltre 170 nelle scuole medie e un centinaio nelle scuole post obbligatorie.
L’accoglienza dei profughi è stata incentrata sulla socializzazione e sull'integrazione linguistica e culturale. Un priorità considerata «assoluta» dalle autorità cantonali. Inoltre, è stata prestata particolare attenzione allo sviluppo di un contatto diretto e personale con ogni famiglia, oltre che al ricorso di un professore di lingua e integrazione a supporto dei docenti regolari.
Alcune famiglie non si sono registrate subito, perciò ci sono ancora tanti ragazzi che attualmente non stanno seguendo alcun percorso scolastico. L’obiettivo per il prossimo anno è «riuscire a contattare tutte le famiglie». Durante il periodo estivo gli allievi provenienti dall’Ucraina in età di scuola dell’obbligo avranno inoltre accesso a un’offerta di corsi intensivi d'italiano organizzati dal DECS in collaborazione con la Fondazione Lingue e sport.
«Possiamo affermare che in queste crisi abbiamo riscoperto il valore di una scuola valida ed efficiente. Un valore che in tempi normali viene dato per scontato» ci tiene a ricordare Emanuele Berger, direttore della Divisione della scuola e coordinatore DECS. Berger ha presentato poi i grandi progetti che saranno sostenuti durante il prossimo anno.
Le classi inclusive - Sul piano della promozione dell’inclusione sono già stati fatti passi significativi. Durante l’anno 2022/2023 sarà confermata questa tendenza con la creazione di altre 16 classi inclusive nella scuola ticinese, così da portare il numero totale a 50. «Le classi inclusive prevedono un insegnamento condiviso (co-teaching), tra docente regolare e docente di pedagogia specializzata, che accompagna gli alunni con bisogni educativi particolari nelle classi di scuola regolare» sottolinea Berger. Queste classi sono importanti per compensare i deficit degli allievi dislessici e discalculici e per garantire loro eque opportunità di seguire il percorso formativo.
Servizio di consulenza per situazioni di possibili maltrattamenti o abusi sessuali - A settembre è stato inoltre attivato il servizio di consulenza in ambito scolastico per situazioni di possibili maltrattamenti o abusi sessuali su minori. «Il servizio è stato creato con lo scopo di migliorare la capacità della scuola di attivare azioni coordinate e interventi tempestivi a favore di minori vittime di maltrattamento da parte di genitori, o di altre figure adulte di riferimento». Berger precisa che questo servizio non è stato sviluppato a causa d'incremento dei casi, ma per aiutare i docenti ad affrontare queste situazioni.
La campagna di collocamento in apprendistato - Nell’anno scolastico 2021/2022 2'523 giovani apprendisti hanno iniziato un tirocinio duale in azienda, 130 in più rispetto al 2020 (+5%), il numero più alto registrato negli ultimi otto anni. «I primi risultati della campagna di collocamento per il prossimo anno scolastico 2022/2023 confermano la tendenza positiva» aggiunge Paolo Colombo, direttore della Divisione della formazione professionale. «L’anticipo della campagna di collocamento è una delle misure del piano per permettere ai giovani una scelta ponderata e adeguata alle proprie aspirazioni. Si vuole così ridurre nel contempo il ricorso a soluzioni di ripiego che comportano un rischio accresciuto di eventuali successivi riorientamenti» conclude Colombo.
Obbligo formativo: primo bilancio - A nove mesi dall’entrata in vigore dell’obbligo formativo fino a 18 anni, il servizio GO95 ha contattato 1'510 giovani tra i 15 e i 18 anni che, stando all’applicativo di gestione delle scuole cantonali, non risultavano iscritti a una formazione postobbligatoria. Oggi il servizio GO95 sta sostenendo attivamente 143 giovani nel percorso verso la ripresa o l’inizio di una formazione postobbligatoria. «È necessario limitare il più possibile i ragazzi che a 15 anni si fermano per poi riprendere gli studi a 20. Il buco formativo da recuperare è importante, bisogna convincere i ragazzi a restare attaccati al sistema formativo» conclude Manuele Bertoli.