Nel 2022 sono stati segnalati 27 episodi di razzismo al lavoro, negli uffici e in pubblico. Ma è solo la punta dell'iceberg
LUGANO - Seppur si parli sempre più di inclusività, di rispetto, di una società con meno barriere, anche nel nostro Paese e nel nostro Cantone si continuano a verificare atti di discriminazione, manifestazioni di razzismo e xenofobia.
Oggi, il Centro per la Prevenzione delle Discriminazioni (CPD) ha annunciato che ha ricevuto 27 segnalazioni in tal senso, nel 2022, solo a livello ticinese. Tra questi, in primis, risultano esservi insulti razzisti sul posto di lavoro.
«La maggior parte degli episodi riguardano insulti e offese. Però chiaramente non sono gli unici» ha detto a Tio/20 Minuti Mariaelena Biliato, responsabile del CPD. «Ci sono ad esempio anche rifiuti di fornire determinati servizi a persone per la loro nazionalità o etnia (capita sia in uffici privati che pubblici), e anche casi in cui si nota una disparità di trattamento, per gli stessi motivi».
A proposito dei 27 casi, chiarisce l'esperta, va però fatta una premessa. «Noi non facciamo monitoraggio attivo, la nostra statistica si basa sulle persone che ci segnalano le loro esperienze». Potrebbe quindi essere solo la punta dell’iceberg. «Tanti non sanno che offriamo questo servizio».
«Meno episodi tra vicini»
A livello elvetico emergono principalmente discriminazioni contro afrodiscendenti. In generale, quali sono le vittime di discriminazioni? «È un tema importante, si parla solitamente di persone con un background migratorio, ma ci sono anche persone nate e cresciute qui, ad esempio cittadini svizzeri adottati da piccoli, che subiscono pregiudizi - perché magari hanno tratti estetici che non si associano immediatamente alla cittadinanza elvetica. È qualcosa che si verifica in tutta la Svizzera».
A tal riguardo, la situazione nel nostro Cantone rispecchia quello che succede a livello nazionale - quasi in tutti gli ambiti. In Ticino, ci sono solo meno episodi relativi a situazioni di quartiere e di vicinato che sfociano in offese razziste o discriminazioni rispetto a Oltre Gottardo. Perché? «Difficile dire se effettivamente sia perché ne accadano di meno, o per il fatto che le persone non segnalano attivamente queste situazioni».
Dall'ascolto al consulto legale
Ma perché le persone contattano il Centro, e cosa viene loro offerto? «Dipende molto da quello che la persona vuole», afferma Biliato. «Ci sono persone che hanno anche soltanto bisogno di uno spazio di ascolto». Ma c'è anche chi chiede di essere aiutato e come il CPD può intervenire. «In questi casi abbiamo la possibilità di telefonare alle persone coinvolte, chiedere un confronto, dei chiarimenti. Eventualmente anche mediare se c’è un conflitto. L'ultima risorsa, alla fine, è quella di ottenere una consulenza legale - perché ci sono delle leggi che proteggono le persone dalle discriminazioni».
Ma c'è qualche caso, in particolare, che ha colpito l'esperta e il suo team? «Un caso che ci ha particolarmente colpiti è quello di una persona che si è rivolta a noi perché nell'ambito della ricerca di lavoro le era stato consigliato di non scrivere la sua origine per sembrare “meno straniera”. La persona si è sentita umiliata e discriminata e ha chiesto il nostro consiglio, poiché non voleva negare la sua identità per poter lavorare. Abbiamo avuto modo di creare un dialogo tra le parti coinvolte e di far sì che la persona non dovesse rinunciare alla sua individualità per poter far parte del mondo del lavoro e quindi della nostra società».
Comunque, ammette poi Biliato, «tutti i casi sono particolari e colpiscono molto, con un accento su quelli che riguardano persone indifese, che magari non hanno nessun mezzo per poter replicare». Ed è triste. «Molte volte si pensa che ormai siamo in una società che conosce un linguaggio più inclusivo e meno discriminatorio, e invece dobbiamo restare stupiti che continuano a essere usate espressioni e atteggiamenti razzisti». D'altronde, come ricorda l'esperta, siamo toccati tutti. «Nessuno è immune da pregiudizi e stereotipi».
Nei prossimi giorni il CPD lancerà una campagna di sensibilizzazione via social, anche per far capire alle persone che in alcuni casi possono essere dette delle frasi razziste… involontarie. «Pubblicheremo delle piccole espressioni per dare esempi e spunti di riflessione su questa cosa». Ma in che senso offendere involontariamente? «Chi non ha un’esperienza da straniero in un'altra società, o un passato migratorio, magari non si rende conto che determinate espressioni possono risultare offensive. Una frase che posso dire una volta pensando che non sia grave, per qualcuno che la sente continuamente può risultare pesante, può avere delle ripercussioni».