Mancano ancora (anche) i medicinali delicati. Peter Burkard, presidente dei farmacisti ticinesi: «Non è come se scarseggiasse un'altra pastiglia».
CHIASSO - Temesta, Xanax, Lexotanil... Psicofarmaci sempre più scarseggianti nelle farmacie elvetiche. Allo stesso momento però la domanda è cresciuta in maniera quasi vertiginosa. «Parliamo di un aumento del 20-25% delle richieste negli ultimi anni», sottolinea Peter Burkard, presidente dell’Ordine dei farmacisti ticinesi.
Cosa succede quando il cliente arriva in farmacia e non trova più lo psicofarmaco di riferimento?
«Alcuni si sentono spiazzati. Perché magari senza quel farmaco non riescono a dormire. Altri fanno domande perché hanno sentito che in altre nazioni il farmaco è disponibile. Altre persone ne approfittano per fare una pausa, per vedere come va senza medicinale. Le reazioni sono veramente variegate».
Gli psicofarmaci restano i medicinali più prescritti in Svizzera. Con un Ticino da record in cui ad assumere psicofarmaci è circa una persona su cinque. Perché?
«C’è tanta insicurezza nella gente. C’è l’ansia per il futuro, anche dal punto di vista economico. Il clima pandemico, in cui bisognava adattarsi a provvedimenti delle autorità su situazioni solitamente normali, ha aumentato probabilmente le paure in alcune persone sensibili».
Lo psicofarmaco è una stampella utile o una scappatoia per non affrontare i problemi?
«Non bisogna demonizzare lo psicofarmaco. Viene prescritto da medici competenti e le singole situazioni sono sotto controllo. Il 90% di chi assume psicofarmaci ne ha bisogno per avere una vita normale, per dormire, per andare al lavoro. Certo, bisognerebbe interrogarsi sul perché la nostra società corra così veloce e faccia così paura».
In Svizzera, è cosa nota, non scarseggiano solo gli psicofarmaci.
«Mancano oltre mille medicinali e circa 650 molecole. Ovviamente la mancanza di psicofarmaci si fa più sentire magari rispetto a quella di un farmaco per il raffreddore. Non è come se scarseggiasse una pastiglia qualunque, insomma. Anche perché se una persona si trova bene con un determinato psicofarmaco e questo viene a mancare non è così facile poi trovare un sostituto».
Si fatica a ricevere gli psicofarmaci dall’estero.
«Esatto. Per questioni di trasporti. O per la mancanza di materie prime. In molti casi manca magari una sostanza ausiliaria e i tempi di attesa si dilatano a dismisura. Bisogna anche calcolare che Swissmedic, che omologa tutti i farmaci importati, è davvero lenta nelle procedure».
Allo stesso tempo le aziende farmaceutiche elvetiche si rifiutano di produrre gli psicofarmaci in loco.
«Sì. Perché lo Stato, per contenere i costi della salute, impone prezzi bassi. E quindi non ci sarebbero sufficienti margini di guadagno».
Qualche mese fa è stata lanciata l’iniziativa per la sicurezza dell’approvvigionamento medico. Che peso ha?
«Enorme. Al momento sono i Cantoni a trattare l’approvvigionamento di farmaci, e dunque anche di psicofarmaci. Dovrebbe invece essere la Confederazione a dettare le condizioni quadro agli importatori. È una questione troppo complessa che non può più essere gestita a livello cantonale. Ed è normale che se a farsi sentire è una nazione, anziché una singola regione, il peso è diverso».