Le svastiche sulle tombe dei cimiteri ebraici, gli slogan nazisti e la violenza contro gli ebrei. Il significato del Giorno della memoria.
LUGANO - Il Giorno della memoria cade quest'anno in un momento delicato per la storia di Israele. La violenza scatenata in Medio Oriente ha riacceso paure e ricordi di un passato che si pensava fosse stato seppellito per sempre. La guerra, la tragedia degli ostaggi, le vite spezzate di civili israeliani e palestinesi e il ritorno dell'odio antisemita in Francia e in Europa, sono inseparabili dal ricordo dell'Olocausto. «Per gli israeliani la Shoah è parte della coscienza di ogni individuo e di tutto un popolo», ci ha spiegato Adrian Weiss, presidente dell'Associazione Svizzera Israele (ASI). «Non è semplicemente storia, ma una ferita aperta da cui non si sono ancora ripresi, né da un punto di vista emotivo, né da un punto di vista demografico».
Una ferita ancora aperta
All'inizio della Seconda Guerra mondiale la comunità ebraica contava 18 milioni di persone. Sei anni dopo quello stesso numero era sceso a 12. «Sei milioni, dei quali un milione e mezzo di bambini, non sono mai tornati dai viaggi della morte. Questo è l’Olocausto per loro. In Israele c’è il vuoto di quei 6 milioni di cittadini». Un vuoto che ha costretto lo Stato di Israele, fin dalla sua nascita nel 1948, a «combattere per sopravvivere e per far rinascere il popolo ebraico nella sua terra storica».
Trasmettere la memoria alle nuove generazioni è un dovere civile. "La Storia è maestra, ma non ha scolari", diceva Antonio Gramsci. «Voglio chiedere all’Europa di oggi se ha imparato la lezione. Perché accanto a preoccupanti rigurgiti di antisemitismo assistiamo purtroppo all’emergere di quello che chiamiamo il nuovo antisemitismo». Weiss non nasconde la preoccupazione per eventi, gesti e parole, magari isolate, ma che rispecchiano un odio, secondo il presidente dell'Asi, ancora presente e vivo.
Antisemitismo e antisionismo
Ma come si manifesta questa ostilità? «Si presenta nella forma dell’antisionismo, ovvero di virulenza contro lo Stato d’Israele». Una lettura che si fonda su un unico sentimento che unisce due correnti apparentemente diverse. «Si giustificano sostenendo che si tratta di una critica legittima a un governo, e che gli ebrei sono un'altra cosa. In realtà spesso sotto questo atteggiamento anti-israeliano, ritroviamo gli stessi elementi della vecchia e brutta retorica antisemita. L’antisionismo, come sosteneva anche Martin Luther King, è solo un antisemitismo mascherato».
«Gli attacchi alle sinagoghe, gli studenti ebrei aggrediti sui mezzi pubblici, i rabbini picchiati e accoltellati, i cimiteri israeliti coperti da svastiche. Questo non accade nella Germania degli anni trenta o quaranta ma in Europa». Oggi.
Le ripercussioni dell'attacco del 7 ottobre
Qualcosa è cambiato dopo l'inizio della guerra con Hamas. L'attacco del 7 ottobre è stato uno spartiacque nella vita di ogni ebreo. «Nessuno può oggi negare che il 7 ottobre dell’anno scorso nei villaggi israeliani intorno alla Striscia di Gaza sia avvenuta un’invasione massiccia al di là dei confini internazionalmente riconosciuti di uno stato sovrano, che ha comportato la strage terroristica più estesa da decenni, con 1'400 vittime, lo stupro di massa e il rapimento collettivo (oltre 200 sequestrati) più grandi di cui si ha memoria. Si tratta di una verità scomoda per certi circoli politici pro palestinesi ma difficilmente cancellabile».
A chi ricorda la violenza dell'offensiva israeliana all'interno della Striscia di Gaza Weiss risponde che «è troppo chiara la responsabilità criminale di Hamas alla quale hanno partecipato centinaia di cittadini di Gaza».
L'incubo degli ostaggi
«Basta ricordare la povera ragazza ebrea tedesca che è stata stuprata, uccisa e portata nuda per le strade di Gaza dove l’allegria e gli slogan Allah Akbar riempivano le strade. La responsabilità criminale è troppo chiara. La causa amata da tanti è troppo indifendibile. È molto più comodo concentrarsi sulla cronaca dell'azione militare di Gerusalemme».
Un grido di allarme prima che sia troppo tardi. «Non è un fulmine a ciel sereno, non è opera di schegge impazzite. L’antisemitismo, parente stretto dell’ideologia anti-occidentale, è radicato nel tessuto della nostra società. La guerra di Israele a Gaza, come reazione all’eccidio del 7 Ottobre è solo un pretesto per certi circoli per esplodere il loro odio verso gli ebrei».