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LOCARNOArtioli il visionario, «anche se in Ticino c'è chi ama bloccare le cose belle»

17.08.24 - 08:10
Il manager alla NZZ sul nuovo Grand Hôtel Locarno: «Non si tratta di una ristrutturazione, ma di un restauro».
TiPress
Fonte NZZ
Artioli il visionario, «anche se in Ticino c'è chi ama bloccare le cose belle»
Il manager alla NZZ sul nuovo Grand Hôtel Locarno: «Non si tratta di una ristrutturazione, ma di un restauro».

LOCARNO - A 63 anni è tra i 300 Paperoni svizzeri, con una fortuna che “Bilanz” stima intorno ai 250 milioni (2023). Lui è Stefano Artioli, immobiliarista ticinese e visionario. Lo è stato fin qui nel caso della rivitalizzazione di San Bernardino: il rilancio delle attività sportive con gli impianti di risalita - un gioiello anche in chiave estiva - e, in prospettiva futura, dell'intero villaggio, con autosili e un Resort & Spa wellness. Ma ciò che ha spinto la Neue Zürcher Zeitung a chiedere al manager un'intervista è stato l’acquisto del Grand Hôtel Locarno. Un gioiello architettonico, decadente e vuoto dal 2005.

Immobile con alle spalle una storia "pesante", visto che dopo la Prima Guerra mondiale, a Locarno furono firmati i trattati di Locarno e tra gli ospiti del Grand Hôtel, ci fu - tra gli altri - anche Benito Mussolini. Ma non solo, negli anni vi soggiornarono Marlene Dietrich e nel 1949 l'allora 22enne Gina Lollobrigida, entrambe dive senza tempo. Una storia, dal sapore di mito, che si è però interrotta e che, nonostante vari tentativi e le cifre di acquisto ipotizzate (allora erano 22 milioni di franchi), non si era riusciti a riportarlo agli antichi splendori.

«È come chiedere: perché ti sei sposato?» - Poi, durante una vacanza in mare, tra Malta e la Sicilia, ecco la svolta. Artioli chiama il legale rappresentante dei proprietari per fare la sua offerta di acquisto: 21 milioni (60 invece quelli da investire) ma tutto deve concludersi in trenta giorni. «Perché l'ho comprato? - dice il ticinese alla NZZ - È come chiedere: perché ti sei sposato?». Ma c'è poi un'altra condizione da soddisfare per andare avanti con l'affare: tenere segreto il nome di Artioli, perché «in Ticino c'è gente che ama bloccare le cose belle, se gliene dai la possibilità».

E in effetti qualche defezione ci fu, visto che prima delle firme, uno dei venditori e concorrente dell'immobiliare di Artioli scomparve. Ma niente paura, fu ritrovato su pressione degli altri proprietari. Dunque siamo ora al progetto di riqualificazione (i lavori sono agli inizi e l'apertura è prevista per il 2026), che potrebbe dare una marcia in più anche in chiave Festival, specie per attrarre le star del cinema.
Anche per questo - ma non solo - Artioli sente su di sé il peso della responsabilità. Un sentimento che guarda al bene del suo Ticino, della Svizzera («è la vera terra dei sogni») e soprattutto degli abitanti di Locarno («il Grand Hôtel appartiene anche a loro, fa parte della storia»).

Insomma, da innamorato qual é del glorioso immobile, il manager sottolinea l'essenza dell'intervento di ripristino della struttura, inclusi quello dei lampadari, affreschi e stucchi: «Non è una ristrutturazione, ma un restauro». Perchè, per Artioli, Locarno è soprattutto storia, turismo e cultura. E il Grand Hôtel Locarno, costruito tra il 1874 e il 1876, fa parte di tutto questo.

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