Il manager alla NZZ sul nuovo Grand Hôtel Locarno: «Non si tratta di una ristrutturazione, ma di un restauro».
LOCARNO - A 63 anni è tra i 300 Paperoni svizzeri, con una fortuna che “Bilanz” stima intorno ai 250 milioni (2023). Lui è Stefano Artioli, immobiliarista ticinese e visionario. Lo è stato fin qui nel caso della rivitalizzazione di San Bernardino: il rilancio delle attività sportive con gli impianti di risalita - un gioiello anche in chiave estiva - e, in prospettiva futura, dell'intero villaggio, con autosili e un Resort & Spa wellness. Ma ciò che ha spinto la Neue Zürcher Zeitung a chiedere al manager un'intervista è stato l’acquisto del Grand Hôtel Locarno. Un gioiello architettonico, decadente e vuoto dal 2005.
Immobile con alle spalle una storia "pesante", visto che dopo la Prima Guerra mondiale, a Locarno furono firmati i trattati di Locarno e tra gli ospiti del Grand Hôtel, ci fu - tra gli altri - anche Benito Mussolini. Ma non solo, negli anni vi soggiornarono Marlene Dietrich e nel 1949 l'allora 22enne Gina Lollobrigida, entrambe dive senza tempo. Una storia, dal sapore di mito, che si è però interrotta e che, nonostante vari tentativi e le cifre di acquisto ipotizzate (allora erano 22 milioni di franchi), non si era riusciti a riportarlo agli antichi splendori.
«È come chiedere: perché ti sei sposato?» - Poi, durante una vacanza in mare, tra Malta e la Sicilia, ecco la svolta. Artioli chiama il legale rappresentante dei proprietari per fare la sua offerta di acquisto: 21 milioni (60 invece quelli da investire) ma tutto deve concludersi in trenta giorni. «Perché l'ho comprato? - dice il ticinese alla NZZ - È come chiedere: perché ti sei sposato?». Ma c'è poi un'altra condizione da soddisfare per andare avanti con l'affare: tenere segreto il nome di Artioli, perché «in Ticino c'è gente che ama bloccare le cose belle, se gliene dai la possibilità».
E in effetti qualche defezione ci fu, visto che prima delle firme, uno dei venditori e concorrente dell'immobiliare di Artioli scomparve. Ma niente paura, fu ritrovato su pressione degli altri proprietari. Dunque siamo ora al progetto di riqualificazione (i lavori sono agli inizi e l'apertura è prevista per il 2026), che potrebbe dare una marcia in più anche in chiave Festival, specie per attrarre le star del cinema.
Anche per questo - ma non solo - Artioli sente su di sé il peso della responsabilità. Un sentimento che guarda al bene del suo Ticino, della Svizzera («è la vera terra dei sogni») e soprattutto degli abitanti di Locarno («il Grand Hôtel appartiene anche a loro, fa parte della storia»).
Insomma, da innamorato qual é del glorioso immobile, il manager sottolinea l'essenza dell'intervento di ripristino della struttura, inclusi quello dei lampadari, affreschi e stucchi: «Non è una ristrutturazione, ma un restauro». Perchè, per Artioli, Locarno è soprattutto storia, turismo e cultura. E il Grand Hôtel Locarno, costruito tra il 1874 e il 1876, fa parte di tutto questo.