Si è svolta nel pomeriggio di giovedì un'esercitazione congiunta per una minaccia ritenuta reale e probabile.
PORZA - Un bosco bagnato dalla pioggia, una carcassa di cinghiale fa capolino fra le foglie. Gli enti cantonali si attivano in forze, l'animale è morto di peste suina africana.
Non è (fortunatamente) la realtà ma una simulazione - tenutasi questo giovedì 17 ottobre nei boschi del Luganese fra Savosa, Porza e Comano - e organizzata dall'Ufficio del veterinario cantonale e la Sezione del militare e della protezione della popolazione.
«La peste suina africana (PSA) è una malattia innocua per gli esseri umani, ma molto pericolosa per i cinghiali e i maiali da allevamento. Al momento l’infezione non ha ancora raggiunto la Svizzera, ma la sua diffusione nel Nord Italia lascia presagire che anche il Cantone Ticino ne sarà prossimamente toccato», riporta la nota diffusa dal Cantone.
Fra le fronde del Luganese, diverse persone in tuta protettiva esaminano il cinghiale morto: «In una situazione come questa, con una carcassa infetta (o potenzialmente tale) vanno applicate tutte le precauzioni del caso», ci spiega la veterinaria cantonale aggiunta Chiara Menegatti, «l'obiettivo è evitare che il virus venga trasportato proprio da chi lavora per evitarne la propagazione, una volta identificata la carcassa anche questa viene isolata in un sacco impermeabile».
La PSA, conferma «si diffonde grazie a derrate contenenti carne suina contaminata, piuttosto che abiti a veicoli o anche il pelo di un cane che si è sporcato in zone infette», per questo la possibilità che un focolaio di virus possa verificarsi anche da noi è ritenuto «molto elevato».
Cosa succede in caso un suino nostrano venga trovato positivo al virus? «Nel momento in cui la Psa dovesse verificarsi all'interno di un allevamento e la normativa prevede che questo allevamento venga posto sotto sequestro e che gli animali infetti o che sono venuti a contatto con animali infetti di specie suscettibili vengano abbattuti», continua Menegatti, «considerando la possibile diffusione nella fauna selvatica, e per evitare uno scenario di questo tipo, l'allerta dev'essere sempre alta».