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L'INTERVISTARoberto Bolle arriva in Svizzera: «A 12 anni lasciai la famiglia. Quanti sacrifici e dolori per la danza»

28.10.24 - 06:30
L'étoile della danza, protagonista a Zurigo con "Roberto Bolle and Friends", si racconta tra successi, dolori l'altra faccia della fama.
Fonte: Vito Lorusso
Roberto Bolle arriva in Svizzera: «A 12 anni lasciai la famiglia. Quanti sacrifici e dolori per la danza»
L'étoile della danza, protagonista a Zurigo con "Roberto Bolle and Friends", si racconta tra successi, dolori l'altra faccia della fama.

LUGANO - Quasi cinquant'anni. Nessuna voglia di appendere le famose scarpette al chiodo. Il fisico e il talento ci sono ancora. La motivazione è altissima, quindi perché smettere?Roberto Bolle continua a calcare i palcoscenici internazionali della danza. Il prossimo 10 novembre si esibirà al Theater 11 di Zurigo con Roberto Bolle and Friends. Un’occasione imperdibile per vedere Bolle sullo stesso palco con star internazionali della danza. Sarà un viaggio attraverso diversi stili e scuole differenti che finora ha entusiasmato gli spettatori di mezzo mondo. Un risultato che Bolle sta vivendo con grande entusiasmo. Lo stesso che aveva da ragazzino quando iniziava a muovere i primi passi.

Una vita passata danzando. Qual è il suo primo ricordo con la danza?
«Io da bambino che mi muovevo ogni volta che sentivo della musica. Era qualcosa di spontaneo, e mi divertiva. Ballavo davanti alla tv ed ero felice. Guardavo gli show del sabato sera dove erano ospiti personaggi del calibro di Carla Fracci, Luciana Savignano, Oriella Dorella, Nureyev. Ma anche gli spettacoli leggeri degli anni ottanta. Associavo il ballo al divertimento, a sensazioni di piacere». 

Poi però è diventato una professione con tanto lavoro, studio e sacrifici.
«È importante sottolineare questo aspetto. Bisogna essere disposti a fare dei sacrifici, a impegnarsi a fondo per lungo tempo, perché le cose costruite con impegno, con dedizione quotidiana e con fatica e sudore ti portano a dei risultati che possono essere duraturi. Purtroppo oggi vedo che molti ragazzi cercano un successo facile e immediato, senza alcun sforzo».

Qual è stato il sacrificio più pesante?
«Quella di lasciare casa, di trovarmi da solo in una nuova grande città, dover affrontare la solitudine e le difficoltà. Avevo 12 anni quando ho lasciato la mia famiglia. Nella vita quotidiana ci sono anche momenti di sconfitta. Periodi di studio, di forte impegno, e quelli sono momenti molto duri».

Tornasse indietro rifarebbe tutto? Di meno? O addirittura di più?
«Se tornassi indietro penso che rifarei le stesse cose, né di più né di meno. Tutti i sacrifici mi sono serviti, e se non li avessi fatti già da così giovane sarebbe stato un problema, perché nella danza bisogna avere delle grandi responsabilità sin da molto giovane». 

So che i ballerini vanno in pensione a 47 anni. Tempo fa aveva dichiarato che lo avrebbe fatto anche lei. Oggi, alla soglia dei 50, è ancora attivo con una tournée mondiale.
«È vero, ho dichiarato che a 47 anni avrei smesso, ma mentre la data si avvicinava capivo che non sarebbe successo. Fisicamente mi sento bene, ci sono ancora tante cose che voglio fare, la motivazione è ancora forte e inoltre sono autonomo nella scelta dei miei progetti e di ciò che voglio fare. Tutto ciò mi porta ad andare avanti».

Oggi quanto tempo dedica all’allenamento?
«La mia giornata non è cambiata molto rispetto a prima. Ogni giorno faccio un’ora e mezza di lezione quotidiana e  quattro o cinque ore di prove. Ci sono periodi più impegnativi con le nuove produzioni e nuove coreografie da imparare. In quel caso le ore salgono anche perché bisogna montare il palco e si resta in sala tante ore insieme al coreografo».

Lo spettacolo che porta a Zurigo si chiama Roberto Bolle and friends. Chi sono gli amici?
«È un gala molto internazionale che spazia tra repertorio classico e contemporaneo. Ci sarà una coppia molto amica, una coppia scaligera formata da Nicoletta Magni e Timofej Andrijashenko. Poi ci sarà una coppia straordinaria di ballerini formata da Tatiana Melnik e Motomi Kiyota che arrivano dall’Opera di Budapest».

Qual è il momento più emozionante dello spettacolo?
«Ce ne sono diversi. La bellezza dello spettacolo è proprio l’alternarsi di danza contemporanea e danza classica, un continuo di cambiamenti di stili, coreografie, interpreti in grado di coinvolgere il pubblico. C'è un numero di duetto maschile che ho portato anche su Rai uno e che emotivamente molto forte perché celebra l'amicizia, quella che ci portiamo da tanti anni, ed è un momento toccante».

La danza è un settore anche molto competitivo. Esistono più amici o nemici?
«La danza in realtà è un bel settore, nel senso che c'è una sana competizione. È un mondo in cui vince il merito, dove la bravura viene riconosciuta facilmente tra i colleghi. Era così prima, ed è rimasto così anche oggi».

Il suo lavoro la porta ad esibirsi in tanti paesi diversi. Qual è il paese che secondo lei ha più rispetto per la danza?
«Soprattutto la Francia dove la danza è stata codificata e ne avvertono molto l’importanza, soprattutto all’Opera di Parigi. C’è una grande cultura del ballo. Così come in Russia dove non ballo da tempo. Lì c’è proprio una cultura profonda della danza, un grandissimo rispetto».

Fra qualche giorno sarà in Svizzera, se dovesse guardare dall’altra parte del confine. Che Italia vede?
«Vedo un Paese che non sa valorizzare le proprie bellezze, come invece fanno altre nazioni che hanno molto meno. Vorrei che l’Italia riuscisse a investire di più nella cultura, nel turismo e nell’arte, elementi che fanno da traino e fanno parte della nostra tradizione. Vedo un Paese purtroppo con scarso senso civico, incapace di prendersi cura del bene comune. Siamo lontani da realtà come la Svizzera, la Germania, il Giappone, dove sono stato recentemente, o la Cina: strade pulite, tutto in ordine, massimo rispetto per la cosa pubblica». 

Cosa ne pensa dello spazio che viene dato alla danza nei vari talent show?
«È una buona vetrina, contribuisce a diffonderla tra le nuove generazioni. I talent show, a differenza dei reality, hanno un valore proprio perché si basano sul talento e c'è veramente una ricerca e uno studio.

Se Roberto Bolle nascesse oggi parteciperebbe a un talent show?
«È una domanda molto difficile. Non lo so. Io ho iniziato alla Scala. Un talent come Amici è una vetrina con un suo significato tutto particolare ed è giusto che ci vadano talenti che non abbiano un’impostazione accademica della Scala e del teatro. Non ha molto senso per un ballerino della Scala andare ad Amici perché i talent ti aprono le porte a un altro tipo di carriera che è molto più televisiva, ed è poi più difficile tornare indietro a quella teatrale». 

È un ballerino amato e conosciuto. Inevitabile l'intrusione da parte della stampa nel proprio vissuto privato. Quanto le pesa la fama?
«Negli ultimi tempi cerco di fregarmene. Sono una persona molto riservata. Certo, i paparazzi che ti seguono anche quando vai in vacanza sono fastidiosi, ma cosa posso farci? È il rovescio della medaglia. Alla fine la mia vita non viene sconvolta più di tanto. Ricevo così tanto dal mio lavoro che questo inconveniente è abbastanza accettabile». 

 

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